Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/329: differenze tra le versioni

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<noinclude>mamente</noinclude> oggidí in tanta propagazione dell’egoismo, a tutti i vantaggi particolari di cui l’individuo può godere. Perché se tu sei bello non ti resta altro mezzo, per non essere odiosissimo agli uomini, che un’affabilità particolare e come una certa noncuranza di te stesso, che plachi l’amor proprio altrui offeso dall’avvantaggio che tu hai sopra di loro o anche dall’uguaglianza. Cosí se tu sei ricco, dotto, potente ec. Quanto maggiore è l’avvantaggio che tu hai sopra gli altri, tanto piú, per fuggir l’odio, t’é necessaria una maggiore amabilità, e quasi dimenticanza e disprezzo di te stesso in faccia agli altri, perché tu devi medicare una cagione d’odio che tu hai in te stesso e che gli altri non hanno: una cagione assoluta, che ti fa odioso per se sola, senza che tu sia né ingiusto né superbo, né ec. Ed era questa una cosa notissima agli antichi, tanto persuasi della odiosità dei vantaggi individuali, che ne credevano invidiosi gli stessi dei, e nella prosperità avevano cura dell’''invidiam deprecari'', tanto divina che umana; e quindi un{{ZbPagina|198}} seguito non interrotto di felicità li rendeva paurosi di gravi sciagure. Vedi {{Sc|{{Ac|Frontone}}}}, ''De Bello Parthico'' (4 agosto 1820). Vedi p. 453. capoverso ultimo.
{{ZbPagina|197}} genere, ma alla lode di quelle tali sue qualità. Di piú la lode piú cara è spesso quella che cade sopra una cosa nella quale tu desideri, ma dubiti o stimi di non esser lodevole, o che altri non ti abbia per tale.





{{ZbPensiero|197/1}}Dice Diogene Laerzio di Chilone che προwέταττε Þσχυρὸν ὄντα πρᾷον εἶναι ὀπως οß πλησίον αιδῶνται μᾶλλον ἢ φοβῶνται. E questo precetto si deve estendere, massimamente oggidí in tanta propagazione dell’egoismo, a tutti i vantaggi particolari di cui l’individuo può godere. Perché se tu sei bello non ti resta altro mezzo per non essere odiosissimo agli uomini che un’affabilità particolare, e come una certa noncuranza di te stesso, che plachi l’amor proprio altrui offeso dall’avvantaggio che tu hai sopra di loro, o anche dall’uguaglianza. Cosí se tu sei ricco, dotto, potente ec. Quanto maggiore è l’avvantaggio che tu hai sopra gli altri, tanto piú per fuggir l’odio, t’é necessaria una maggiore amabilità, e quasi dimenticanza e disprezzo di te stesso in faccia agli altri, perché tu devi medicare una cagione d’odio che tu hai in te stesso e che gli altri non hanno: una cagione assoluta, che ti fa odioso per se sola, senza che tu sia né ingiusto né superbo né ec. Ed era questa una cosa notissima agli antichi, tanto persuasi della odiosità dei vantaggi individuali, che ne credevano invidiosi gli stessi dei, e nella prosperità avevano cura dell'''invidiam deprecari'' tanto divina che umana, e quindi un{{ZbPagina|198}} seguito non interrotto di felicità li rendeva paurosi di gravi sciagure. V. Frontone de Bello Parthico (4 agosto 1820).. Vedi p.453. capoverso ult.
Montesquieu (''Essai sur le Goût. Du je ne sais quoi'') fa consistere la grazia e il non so che, principalmente nella sorpresa, nel dar piú di quello che si prometta ec. In questa materia della grazia cosí astrusa nella teoria delle arti, come quella della grazia divina nella teologia, noterò 1. L’effetto della grazia non è di sublimar l’anima, o di riempierla, o di renderla attonita come fa la bellezza, ma di scuoterla, come il solletico scuote il corpo, e non già fortemente come la scintilla elettrica. Bensí appoco appoco può produrre nell’anima una commozione e un incendio vastissimo, ma non tutto a un colpo. Questo è piuttosto effetto della bellezza che si mostra tutta a un tratto, e non ha successione di parti. E forse anche per questo motivo accade quello che dice Montesquieu, che le grandi passioni di rado sono destate dalle grandi bellezze, ma ordinariamente dalla grazia, perché l’effetto della bellezza si compie tutto in un attimo, e all’anima dopo che s’é appagata di quella vista non rimane altro da desiderare né da sperare, se però la bellezza non è accompagnata da spirito, virtú ec. Al contrario la grazia ha successione di parti, anzi non si dà grazia senza successione. Quindi veduta una parte, resta desiderio e speranza delle altre. 2. Perciò la grazia ordinariamente consiste nel movimento: e diremo cosí, la bellezza è nell’istante, e la grazia nel tempo. Per movimento intendo anche tutto quello che spetta alla parola. 3. Veramente non è grazia
{{ZbLink|453/1}} {{Ac|Montesquieu}} (''Essai sur le Goût, Du je ne sais quoi'') fa consistere la grazia e il non so che principalmente nella sorpresa, nel dar piú di quello che si prometta ec. In questa materia della grazia cosí astrusa nella teoria delle arti, come quella della grazia divina nella teologia, noterò: 1°, l’effetto della grazia non è di sublimar l’anima o di riempierla, o di renderla attonita come fa la bellezza, ma di scuoterla, come il solletico scuote il corpo, e non già fortemente come la scintilla elettrica. Bensí appoco appoco può produrre nell’anima una commozione e un incendio vastissimo, ma non tutto a un colpo. Questo è piuttosto effetto della bellezza che si {{Pt|mostra|mo-}}
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