Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/269: differenze tra le versioni

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vizi che generalmente erano più naturali, e quantunque gravi e dannosi, tuttavia si soddisfacevano apertamente, o al più sotto un velo di politica superficialissima. E quindi{{ZbPagina|133}} la barbarie prese quel carattere tenebroso, e la malvagità divenne scelleraggine profondissima. (23. Giugno 1820.)
{{ZbPagina|132}} per la loro patria, l’amor della quale tanto è lungi che fosse sbandito dalla religion loro, che anzi n’era uno de’ fondamenti. E così a un di presso fra gli antichi Ebrei, dove anzi il governo civile e militare era tutto fondato sopra la religione. E così dirò degli oracoli consultati per le cose pubbliche, e di tutto l’apparato delle religioni antiche, sempre ordinato ai negozi di questo mondo.




{{ZbPensiero|x}}Aggiungete che la religion pagana come più naturale che ragionevole, avrebbe servito a conservar qualche poco di natura in quella barbarie. E la natura è un gran contravveleno e medicamento in ogni corruzione umana, e un gran faro in mezzo alle tenebre dell’ignoranza, quando non sia spento da una ragione corrotta, come allora.
{{ZbPensiero|x}}Relativamente a quello che ho detto {{TestoCitato|Zibaldone/80|p.80}}. si può considerare che la barbarie cupa ed oscura, e vilmente e stranamente crudele de’ bassi tempi, non proveniva solamente dall’ignoranza, ma da questa mescolata alla religion cristiana. Se fosse stata una barbarie pagana, quella religione aperta, chiara, materiale, senza misteri, avrebbe dato a quella ignoranza un colore più allegro, e a quei costumi un carattere meno profondo. Male menti erano tutte piene di quel ''sombre'', di quel misterioso, di quel lugubre, di quello spaventoso della religion cristiana massimamente guasta dalla superstizione; lo spirito del tempo era modellato sopra queste forme metafisiche e astratte; l’uomo era malvagio per natura della società, come sempre; aggiunta alla malvagità l’ignoranza la superstizione, e lo spirito cupo del tempo, il vizio prese il carattere di metafisica, cosa notabile, e ben diversa dagli antichi vizi che generalmente erano più naturali, e quantunque gravi e dannosi, tuttavia si soddisfacevano apertamente, o al più sotto un velo di politica superficialissima. E quindi{{ZbPagina|133}} la barbarie prese quel carattere tenebroso, e la malvagità divenne scelleraggine profondissima.


(23. Giugno 1820.)
Aggiungete che la religion pagana come più naturale che ragionevole, avrebbe servito a conservar qualche poco di natura in quella barbarie. E la natura è un gran contravveleno e medicamento in ogni corruzione umana, e un gran faro in mezzo alle tenebre dell’ignoranza, quando non sia spento da una ragione corrotta, come allora.


{{ZbPensiero|x}}Dice Luciano nelle ''Lodi della patria'' (t.2. p.479.): Καὶ τοὺς κατὰ τὸν τῆς άποδημίας χρόνον λαμπροὺς γενομένους ἢ διὰ χρημάτων κτῆσιν, ἢ διὰ τιμῆς δόξαν (''vel ob honoris gloriam''), ἢ διὰ παιδείας μαρτυρίαν ἢ δι’ ἀνδρείας ἒπαινον ἒστιν ἰδεῖν εÞς τὴν πατρίδα πάντας ὲπειγομένους (''properantes''), ὡς οὐκ ἂν ἐν ἄλλοις βελτίοσιν ἐπιδειξομένους τὰ αὐτῶν καλὰ καὶ τοσούτῳ γε μᾶλλον ἔκαστος σπεύδει λαβέσJαι τῆς πατρίδος, ὀσῳπερ ἂν φαίνηται μειζόνων παρ’ ἄλλοις ἠξιωμένος. Questo è vero, e quando anche tu viva in una città molto maggiore della tua patria, non ostante il gran cambiamento delle opinioni antiche a questo riguardo, desidererai anche adesso, se non altro che la gloria o qualunque altro bene che tu hai acquistato sia ben noto, e faccia romore particolare nella tua patria. Ma la cagione non è mica l’amor della patria, come stima Luciano, e come pare a prima vista. E infatti stando nella tua stessa patria, tu provi lo stesso effetto {{ZbPagina|134}} riguardo alla tua famiglia, e a’ tuoi più intimi conoscenti. La ragione è che noi desideriamo che i nostri onori o pregi siano massimamente noti a coloro che ci conoscono più intieramente, e che ne sieno testimoni quelli che sanno più per minuto le nostre qualità, i nostri mezzi, la nostra natura, i nostri costumi ec. E come non ti contenteresti di una fama

{{ZbPensiero|x}}Dice Luciano nelle ''Lodi della patria'' (t.2. p.479.): Καὶ τοὺς κατὰ τὸν τῆς άποδημίας χρόνον λαμπροὺς γενομένους ἢ διὰ χρημάτων κτῆσιν, ἢ διὰ τιμῆς δόξαν (''vel ob honoris glriam''), ἢ διὰ παιδείας μαρτυρίαν ἢ διἀνδρείας ἒπαινον ἒστιν ἰδεῖν εÞς τὴν πατρίδα πάντας ὲπειγομένους (''properantes''), ὡς οὐκ ἂν ἐν ἄλλοις βελτίοσιν ἐπιδειξομένους τὰ αὐτῶν καλὰ καὶ τοσούτῳ γε μᾶλλον ἔκαστος σπεύδει λαβέσJαι τῆς πατρίδος, ὀσῳπερ ἂν φαίνηται μειζόνων παρ ἄλλοις ἠξιωμένος. Questo è vero, e quando anche tu viva in una città molto maggiore della tua patria, non ostante il gran cambiamento delle opinioni antiche a questo riguardo, desidererai anche adesso, se non altro che la gloria o qualunque altro bene che tu hai acquistato sia ben noto, e faccia romore particolare nella tua patria. Ma la cagione non è mica l’amor della patria, come stima Luciano, e come pare a prima vista. E infatti stando nella tua stessa patria, tu provi lo stesso effetto{{ZbPagina|134}} riguardo alla tua famiglia, e a’ tuoi più intimi conoscenti. La ragione è che noi desideriamo che i nostri onori o pregi siano massimamente noti a coloro che ci conoscono più intieramente, e che ne sieno testimoni quelli che sanno più per minuto le nostre qualità, i nostri mezzi, la nostra natura, i nostri costumi ec. E come non ti contenteresti di una fama anonima, cioè di esser celebrato senza che si sapesse il tuo nome, perchè quella fama, ti parrebbe piuttosto generica che tua propria, così proporzionatamente desideri ch’ella sia sulle bocche di quelli presso i quali, conoscendoti più intimamente e particolarmente, la tua stima viene ad essere più individuale e propria tua, perchè si applica a tutto te, che sei loro noto minutamente. E viene anche ciò dalla inclinazione che tutti abbiamo per li nostri simili, onde non saremmo soddisfatti di una fama acquistata appresso una specie di animali diversa dall’umana, e così venendo per gradi, poco ci cureremmo di esser famosi fra i Lapponi o gl’irocchesi, essendo ignoti ai popoli colti, e non saremmo contenti di una celebrità francese o inglese, essendo sconosciuti ai nostri italiani, e così finalmente arriveremo ai nostri propri cittadini, e anche alla nostra famiglia. Aggiungete le tante relazioni che si hanno o si sono avute colle persone più attenenti alla nostra, le emulazioni, le gare, le invidie, le contrarietà avute, le amicizie fatte ec. ec. alle quali cose tutte applichiamo il sentimento che ci cagiona la nostra gloria, o qualunque vantaggio acquistato. In somma
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