Pagina:Guerrini - Brani di vita.djvu/103: differenze tra le versioni

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Sì, vi ho proprio voluto bene, parrocchiani miei. Io non vi ho insegnato ad aver paura di Dio, non vi ho imbrogliato la testa e la coscienza con precetti minuti e con obblighi di pratiche superstiziose. Vi ho detto: non fate male a nessuno; amate il vostro padre, la vostra libertà, i vostri fratelli; questa era tutta la dottrina del povero curato. Vi ricordate le sere lunghe d’inverno, quando nevicava fitto ed io accanto al fuoco vi narravo la storia del nostro paese? Ebbene, io non v’ho insegnato mai ad odiare nessuno, non v’ho insegnato ad odiar nulla, fuori che il male. Io ve la predicavo davvero quella legge d’amore, di tolleranza, di rettitudine di cuore, per la quale da giovane avevo combattuto i sacerdoti che maledicono, che ingannano, che odiano. Questa chiesa non era la chiesa delle scomuniche, ma della carità e della fratellanza, e voi non avevate paura della mia logora vestaccia nera; e quando d’estate io passava lungo i margini de’ campi leggendo {{Ac|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}, le belle mietitrici si rizzavano sui solchi, sorridenti nel sole splendido, coi capelli dati ai liberi venti delle nostre montagne, e tendendomi le braccia nude, mi gridavano: buon passeggio, signor curato! Ed io alle vostre belle mietitrici non ho guastato nè la coscienza, nè altro; questo proprio lo posso dire!...
Sì, vi ho proprio voluto bene, parrocchiani miei. Io non vi ho insegnato ad aver paura di Dio, non vi ho imbrogliato la testa e la coscienza con precetti minuti e con obblighi di pratiche superstiziose. Vi ho detto: non fate male a nessuno; amate il vostro padre, la vostra libertà, i vostri fratelli; questa era tutta la dottrina del povero curato. Vi ricordate le sere lunghe d’inverno, quando nevicava fitto ed io accanto al fuoco vi narravo la storia del nostro paese? Ebbene, io non v’ho insegnato mai ad odiare nessuno, non v’ho insegnato ad odiar nulla, fuori che il male. Io ve la predicavo davvero quella legge d’amore, di tolleranza, di rettitudine di cuore, per la quale da giovane avevo combattuto i sacerdoti che maledicono, che ingannano, che odiano. Questa chiesa non era la chiesa delle scomuniche, ma della carità e della fratellanza, e voi non avevate paura della mia logora vestaccia nera; e quando d’estate io passava lungo i margini de’ campi leggendo {{Ac|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}, le belle mietitrici si rizzavano sui solchi, sorridenti nel sole splendido, coi capelli dati ai liberi venti delle nostre montagne, e tendendomi le braccia nude, mi gridavano: buon passeggio, signor curato! Ed io alle vostre belle mietitrici non ho guastato nè la coscienza, nè altro; questo proprio lo posso dire!...


Ehi, dico, signor curato, dove andiamo a finire? Vedete un po’ che razza di sciocchezze mi girano pel cervello a guardare quella chiesina solitaria sulla vetta di Monte Calderaro! Sì, davvero sarei un buon curato io, con quell’odore di santità che ho indosso! Bisognerebbe proprio che l’Eminentissimo Arcivescovo fosse matto da legare per sacramentarmi curato!
Ehi, dico, signor curato, dove andiamo a finire? Vedete un po’ che razza di sciocchezze mi girano pel cervello a guardare quella chiesina solitaria sulla vetta di Monte Calderaro! Sì, davvero sarei un buon curato io, con quell’odore di santità che ho indosso! Bisognerebbe proprio che l’Eminentissimo Arcivescovo fosse matto da legare per sacramentarmi cu-