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faccia questo, vi priego mi diciate quello che sentite d’un dubbio il quale io vi moverò. Egli è alcuna persona la quale ha in casa un suo buono e fedelissimo servidore, il quale inferma gravemente; questo cotale, senza attendere la fine del servo infermo, il fa portare nel mezzo della strada né piú ha cura di lui; viene uno strano, e mosso a compassione delio ’nfermo, e sel reca a casa e con gran sollecitudine e con ispesa il torna nella prima sanitá: vorrei io ora sapere se, tenendolsi ed usando i suoi servigi, il suo signore si può a buona equitá dolere o ramaricare del secondo, se egli, raddomandandolo, rendere nol volesse. — I gentili uomini, tra sé avuti vari ragionamenti e tutti in una sentenza concorrendo, a Niccoluccio Caccianemico, per ciò che bello ed ornato favellatore era, commisero la risposta. Costui, commendata primieramente l’usanza di Persia, disse, sé con gli altri insieme essere in questa oppinione, che il primo signore niuna ragione avesse piú nel suo servidore, poi che in sí fatto caso non solamente abbandonato, ma gittato l’avea, e che per li benefici del secondo usati giustamente parea di lui il servidore divenuto; per che, tenendolo, niuna noia, niuna forza, niuna ingiuria faceva al primiero. Gli altri tutti che alle tavole erano, ché v’avea di valenti uomini, tutti insieme dissero, sé tener quello che da Niccoluccio era stato risposto. Il cavaliere, contento di tal risposta e che Niccoluccio l’avesse fatta, affermò, sé essere in quella oppinione altressi, ed appresso disse: — Tempo è omai che io secondo la promessa v’onori. — E chiamati due de’ suoi famigliari, gli mandò alla donna, la quale egli egregiamente avea fatta vestire ed ornare, e mandolla pregando che le dovesse piacere di venire a far lieti i gentili uomini della sua presenza. La qual, preso in braccio il figliolin suo bellissimo, da’ due famigliari accompagnata, nella sala venne, e come al cavalier piacque, appresso ad un valente uomo si pose a sedere; ed egli disse: — Signori, questa è quella cosa che io ho piú cara, ed intendo d’avere, che alcuna altra; guardate se egli vi pare che io abbia ragione. — I gentili uomini, onoratala e commendatala molto, ed al cavaliere affermato che cara la doveva avere, la cominciarono a riguardare; ed assai ve
faccia questo, vi priego mi diciate quello che sentite d’un dubbio il quale io vi moverò. Egli è alcuna persona la quale ha in casa un suo buono e fedelissimo servidore, il quale inferma gravemente; questo cotale, senza attendere la fine del servo infermo, il fa portare nel mezzo della strada né piú ha cura di lui; viene uno strano, e mosso a compassione delio ’nfermo, e sel reca a casa e con gran sollecitudine e con ispesa il torna nella prima sanitá: vorrei io ora sapere se, tenendolsi ed usando i suoi servigi, il suo signore si può a buona equitá dolere o ramaricare del secondo, se egli, raddomandandolo, rendere nol volesse. — I gentili uomini, tra sé avuti vari ragionamenti e tutti in una sentenza concorrendo, a Niccoluccio Caccianemico, per ciò che bello ed ornato favellatore era, commisero la risposta. Costui, commendata primieramente l’usanza di Persia, disse, sé con gli altri insieme essere in questa oppinione, che il primo signore niuna ragione avesse piú nel suo servidore, poi che in sí fatto caso non solamente abbandonato, ma gittato l’avea, e che per li benefici del secondo usati giustamente parea di lui il servidore divenuto; per che, tenendolo, niuna noia, niuna forza, niuna ingiuria faceva al primiero. Gli altri tutti che alle tavole erano, ché v’avea di valenti uomini, tutti insieme dissero, sé tener quello che da Niccoluccio era stato risposto. Il cavaliere, contento di tal risposta e che Niccoluccio l’avesse fatta, affermò, sé essere in quella oppinione altressí, ed appresso disse: — Tempo è omai che io secondo la promessa v’onori. — E chiamati due de’ suoi famigliari, gli mandò alla donna, la quale egli egregiamente avea fatta vestire ed ornare, e mandolla pregando che le dovesse piacere di venire a far lieti i gentili uomini della sua presenza. La qual, preso in braccio il figliolin suo bellissimo, da’ due famigliari accompagnata, nella sala venne, e come al cavalier piacque, appresso ad un valente uomo si pose a sedere; ed egli disse: — Signori, questa è quella cosa che io ho piú cara, ed intendo d’avere, che alcuna altra; guardate se egli vi pare che io abbia ragione. — I gentili uomini, onoratala e commendatala molto, ed al cavaliere affermato che cara la doveva avere, la cominciarono a riguardare; ed assai ve