Pagina:Angeli - Roma, parte I - Serie Italia Artistica, Bergamo, 1908.djvu/74: differenze tra le versioni

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}}all’intorno da un colonnato<ref>Debbo qui notare che alcuni scrittori attribuiscono i ruderi attuali a un successivo restauro dell’imper. Adriano.</ref>. In quanto al palazzo che Tiberio costruì sul Palatino ad imitazione del suo antecessore, si trattava di uno dei soliti edifici grandiosi in cui il primitivo stile ellenico si trasformava in una sontuosità e in una grandezza tutta romana.
}}all’intorno da un colonnato<ref>Debbo qui notare che alcuni scrittori attribuiscono i ruderi attuali a un successivo restauro dell’imper. Adriano.</ref>. In quanto al palazzo che Tiberio costruì sul Palatino ad imitazione del suo antecessore, si trattava di uno dei soliti edifici grandiosi in cui il primitivo stile ellenico si trasformava in una sontuosità e in una grandezza tutta romana.


Questo palazzo, del resto, fu condotto a fine da Caligola che popolo e soldati avevano proclamato imperatore sul feretro stesso di Tiberio (37-41). Sorgeva sul ''Clivus Victoriae'' nell’estrema punta del colle Palatino dalla parte che guarda il Foro e un criptoportico — di cui si conservano ancora notevoli avanzi — lo riuniva alla casa di Livia. Gli scavi del Palatino non hanno rimesso alla luce che una parte dei sotterranei e delle sue cantine, mentre il corpo dell’edificio rimane ancora nascosto dai terrapieni degli orti farnesiani. Del resto è questa forse l’opera più importante del regno di Caligola, che fu troppo breve e troppo tormentato per poter lasciare tracce profonde nella storia edilizia della città. Ne lasciò invece nel riordinamento di alcuni servizi pubblici e fra questi vanno menzionati in primo luogo gli acquedotti. Da quando il censore Appio Claudio aveva portato per il primo l’acqua a Roma, molti avevano seguito il suo esempio e molti altri dovevano ancora seguirlo, se si pensa che sotto il regno di Alessandro Severo esistevano quattordici acquedotti nella città. E Caligola volle anch’egli lasciare il suo nome a una di queste utili imprese e iniziò quell’acquedotto Claudio che incanalava l’''Anio novus'' e i cui lavori cominciati l’anno 37 di G. C. dovevano durare 14 anni. Questa opera grandiosa, che dagli antichi scrittori fu chiamata magnificentissima, partendosi da ''Treba Augusta'' nel Lazio giungeva fino alla Porta Maggiore, dove a traverso un arco monumentale — ed è quello che serve attualmente di porta — si divideva in due rami, uno dei quali alimentava il lago artificiale della casa di Nerone, e l’altro era adibito per il servizio della popolazione romana.
Questo palazzo, del resto, fu condotto a fine da Caligola che popolo e soldati avevano proclamato imperatore sul feretro stesso di Tiberio (37-41). Sorgeva sul ''Clivus Victoriae'' nell’estrema punta del colle Palatino dalla parte che guarda il Foro e un criptoportico — di cui si conservano ancora notevoli avanzi — lo riuniva alla casa di Livia. Gli scavi del Palatino non hanno rimesso alla luce che una parte dei sotterranei e delle sue cantine, mentre il corpo dell’edificio rimane ancora nascosto dai terrapieni degli orti farnesiani. Del resto è questa forse l’opera più importante del regno di Caligola, che fu troppo breve e troppo tormentato per poter lasciare tracce profonde nella storia edilizia della città. Ne lasciò invece nel riordinamento di alcuni servizi pubblici e fra questi vanno menzionati in primo luogo gli acquedotti. Da quando il censore Appio Claudio aveva portato per il primo l’acqua a Roma, molti avevano seguito il suo esempio e molti altri dovevano ancora seguirlo, se si pensa che sotto il regno di Alessandro Severo esistevano quattordici acquedotti nella città. E Caligola volle anch’egli lasciare il suo nome a una di queste utili imprese e iniziò quell’acquedotto Claudio che incanalava l’''Anio novus'' e i cui lavori cominciati l’anno 37 di G. C. dovevano durare 14 anni. Questa opera grandiosa, che dagli antichi scrittori fu chiamata ''magnificentissima'', partendosi da ''Treba Augusta'' nel Lazio giungeva fino alla Porta Maggiore, dove a traverso un arco monumentale — ed è quello che serve attualmente di porta — si divideva in due rami, uno dei quali alimentava il lago artificiale della casa di Nerone, e l’altro era adibito per il servizio della popolazione romana.


Ma se l’imperatore Caligola non ebbe il tempo di lasciare grandi edifici, fu invece Nerone (54-68) che doveva avere il vanto di essere ascritto fra i grandi edificatori di Roma. E noto come sotto il suo regno uno spaventoso incendio — e fu il primo dei molti che devastarono Roma durante l’impero — riducesse in cenere i due terzi della città. L’imperatore prese occasione da questa rovina, per ricostruirla con una più grande magnificenza. Gli avversari di Nerone profittarono subito del fatto e lo accusarono di avere egli stesso ordinato l’incèndio per goderne lo spettacolo dall’alto di una torre mentre accompagnato dal suono di una lira cantava din
Ma se l’imperatore Caligola non ebbe il tempo di lasciare grandi edifici, fu invece Nerone (54-68) che doveva avere il vanto di essere ascritto fra i grandi edificatori di Roma. È noto come sotto il suo regno uno spaventoso incendio — e fu il primo dei molti che devastarono Roma durante l’impero — riducesse in cenere i due terzi della città. L’imperatore prese occasione da questa rovina, per ricostruirla con una più grande magnificenza. Gli avversari di Nerone profittarono subito del fatto e lo accusarono di avere egli stesso ordinato l’incendio per goderne lo spettacolo dall’alto di una torre mentre accompagnato dal suono di una lira cantava {{Pt|din-|}}