Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/157: differenze tra le versioni

{{RigaIntestazione||''LA CASTALDA''|147|s=si}}

{{sc|Florindo}}. Già sapete che non ho alcuno che mi comandi; che son padrone di me medesimo....

{{sc|Rosaura}}. Queste cose le so; venghiamo alla conclusione.

{{sc|Florindo}}. Quella lite che m’inquietava....

{{sc|Florindo}}. È terminata. L’ho vinta.

{{sc|Rosaura}}. E come pensate di contenervi?

{{sc|Rosaura}}. Eccolo lì, ch’egli viene. Parlategli dunque subito, ch’io mi ritiro. {{Ids|(parte)}}

{{sc|Florindo}}. Egli viene opportunamente. Ma è in compagnia con un altro. Lo vorrei solo. Passerò nel cortile, e attenderò il momento più favorevole. {{Ids|(parte)}}

{{Ct|c=scena|SCENA IX.}}

{{ct|c=personaggi|Pantalone ''e'' Lelio.}}

{{sc|Pantalone}}. Caro sior Lelio, la prego de lassar le cerimonie da banda, e le parole studiae: la me diga el so sentimento chiaro, schietto, alla bona, se la vol che l’intenda, e se la vol che ghe responda a proposito.

{{sc|Lelio}}. Che siccome gli effetti simpatici dell’attrazione operano negl’individui umani....

{{sc|Lelio}}. Così la magnetica possanza delle amorose pupille della nipote hanno attratto gli effluvi dell’acceso mio cuore.

{{sc|Pantalone}}. Mo che diavolo de parlar xe questo!

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