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se davvero sarebbe possibile idealizzare questo nostro pubblico fino a cavarne qualcosa di analogo al coro tragico. Noi in segreto neghiamo una simile possibilità, e tanto più ci meravigliamo sia dell’arditezza dell’affermazione dello {{AutoreCitato|Wilhelm August von Schlegel|Schlegel}}, sia della natura totalmente diversa del pubblico greco. Vale a dire, noi avevamo sempre opinato, che il vero spettatore, sia quale si voglia, si tenesse sempre conscio di trovarsi davanti a un’opera d’arte, non già a una realtà empirica; laddove il coro tragico dei greci è invece costretto a riconoscere vere esistenze viventi nei personaggi della scena. Il coro delle Oceanidi crede effettivamente di avere davanti a sé il titano Prometeo, e si tiene altrettanto reale quanto lo stesso dio sulla scena. L il più alto e puro tipo di spettatore sarebbe quello che, come le Oceanidi, ritenesse Prometeo come reale ed esistente in corpo e persona? Noi credevamo che un pubblico estetico e il singolo spettatore fosse più raffinato, quanto più in grado di prendere l’opera d’arte per arte, cioè d’intenderla esteticamente; ed ecco che la forinola schlegeliana viene a significarci, che il perfetto spettatore ideale sente non già l’effetto estetico del mondo della scena, ma l’effetto di una cosa corporeamente empirica. Oh, quei greci! sospiriamo: essi ci scombussolano la nostra estetica! E con questa abitudine, ripetiamo l’aforismo di Schlegel ogniqualvolta discorrendo torna in campo il coro.
CAPITOLO SETTIMO

se davvero sarebbe possibile idealizzare questo
Se non che, quella tradizione cosi esplicita si volta contro Schlegel: il coro per sé stesso, senza
nostro pubblico fino a cavarne qualcosa di analogo
al coro tragico. Noi in segreto neghiamo
una simile possibilità, e tanto più ci meravigliamo
sia dell’arditezzji dell’affermazione dello
Schlegel, sia della natura totalmente diversa del
pubblico greco. Vale a dire, noi avevamo sempre
opinato, che il vero spettatore, sia quale si voglia,
si tenesse sempre conscio di trovarsi davanti
a un’opera d’arte, non già a una realtà
empirica; laddove il coro tragico dei greci è
invece costretto a riconoscere vere esistenze
viventi nei personaggi della scena. Il coro delle
Oceanidi crede effettivamente di avere davanti
a sé il titano Prometeo, e si tiene altrettanto
reale quanto lo stesso dio sulla scena. L il più
alto e puro tipo di spettatore sarebbe quello che,
come le Oceanidi, ritenesse Prometeo come reale
ed esistente in corpo e persona? Noi credevamo
che un pubblico estetico e il singolo spettatore
fosse più raffinato, quanto più in grado di prendere
l’opera d’arte per arte, cioè d’intenderla
esteticamente; ed ecco che la forinola schlegeliana
viene a significarci, che il perfetto spettatore
ideale sente non già l’effetto estetico del
mondo della scena, ma l’effetto di una cosa corporeamente
empirica. Oh, quei greci! sospiriamo:
essi ci scombussolano la nostra estetica! E con
questa abitudine, ripetiamo l’aforismo di Schlegel
ogniqualvolta discorrendo torna in campo il coro.
°Se non che, quella tradizione cosi esplicita si
volta contro Schlegel: il coro per sé stesso, senza