Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/185: differenze tra le versioni
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Egli si raddrizzò e battè la mano sul ginocchio. |
Egli si raddrizzò e battè la mano sul ginocchio. |
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— Però, |
— Però, — disse con rabbia — se io sposassi vostra figlia la prima condizione sarebbe di dar tanti calci al «padrone» se egli cercasse di avvicinarsi a noi. |
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— Benissimo! |
— Benissimo! — gridò la maestra soddisfatta. |
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Egli tornò a ripiegarsi, come vinto. |
Egli tornò a ripiegarsi, come vinto. |
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— Santa |
— Santa donna.... pensateci bene! Non rovinate vostra figlia, dandola ad un uomo buono a nulla come son io! Cercatene un altro, vi ripeto! |
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— Tu mi hai fatto venire per burlarti di me? Questo è un |
— Tu mi hai fatto venire per burlarti di me? Questo è un po’ troppo! Senti, basta con le chiacchiere: fa troppo caldo, e ad arrabbiarsi fa male. Anch’io ti dico: pensaci bene; se fra otto giorni non mi dài una risposta, saprò io il da farsi. |
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— Fra otto giorni? Ebbene, sia: fra otto giorni vi darò una risposta. |
— Fra otto giorni? Ebbene, sia: fra otto giorni vi darò una risposta. |
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