Pagina:Barrili - I rossi e i neri Vol.2, Milano, Treves, 1906.djvu/17: differenze tra le versioni
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da quarantaquattro a giungere sui cento, mancano ancora cinquantasei. — |
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Lorenzo si fece scuro in volto, e in cambio di dimenar le labbra, come aveva fatto prima, le morse, in un impeto di suprema amarezza. |
Lorenzo si fece scuro in volto, e in cambio di dimenar le labbra, come aveva fatto prima, le morse, in un impeto di suprema amarezza. |
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— Per fortuna, — diss’egli poscia, quasi volesse ingannar se medesimo, — non sono appena le otto e mezzo, e gli amici possono capitare da un momento all’altro. |
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— Sì, aspettiamoli, questi veri Italiani! — soggiunse il Martini, accompagnando la sarcastica frase con un moto ondulatorio del suo atletico torso. — Ah, comandante! Noi in Italia, sia detto con sua licenza, siamo di gran chiacchieroni, col nostro {{spaziato|Elmo di Scipio}} irrugginito e coi nostri {{spaziato|giuriam}}! dove non si mette altro che il fiato. E la veda, non mi fa mica meraviglia che siamo così pochi alla posta. Io n’ero così certo, come della esistenza del figlio unico di mia madre. Ma, per l’anima del Ferruccio, e di tanti altri valentuomini che si citano così spesso e volentieri, io sono stupefatto di non veder qui certi ammazza sette e storpia quattordici, che gli sapeva mill’anni di far le schioppettate, ed erano sempre lì a spingere, a tacciar gli altri di mala voglia. Se mi cascano sotto l’ugne, questi figli di Bruto.... |
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— C’è il Garasso? — chiese Lorenzo, che metteva i nomi dove il Martini non aveva messo altro che gli epiteti. — E il Dellaquinta e il Gasperini, ci sono? |
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— Neanche l’odore! — rispose il buon popolano. — Già, del Garasso ho sempre dubitato, io, e metterei la mano sul fuoco che egli è una spia. |
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— Che cosa dite, Martini? |
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— So quel che dico, e glielo ripeterò a lui, e gli romperò anche il grugno, se ardirà farsi vivo. Quanto agli altri due, non ci hanno altro peccato che la vanità, ed è questa che li fa uscire in tante smargiassate. In fondo son disperatacci che vorrebbero aver quattro soldi, e farebbero patto di non metter più elmi di Scipio, nè giurar morte ai tiranni, per tutto il tempo di lor vita. |
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— E il Tarlati, e il Geremia? |
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— Oh, ci sono, questi due, ci sono; ma il primo, mogio mogio, s’è accovacciato nella paglia e dorme dalla paura; il secondo è ubbriaco fradicio, e non fa che rompere il capo alla gente. Lo senta; grida come un dannato. — |
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E accostandosi ad un uscio semichiuso, donde giungeva ai due interlocutori dell’anticamera un suon confuso di gente raunata, lo spalancò gridando: |
E accostandosi ad un uscio semichiuso, donde giungeva ai due interlocutori dell’anticamera un suon confuso di gente raunata, lo spalancò gridando: |
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