Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/447: differenze tra le versioni
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profusi da ogni parte; di lui parlano molte poesie del tempo<ref>{{AutoreCitato|Giovanni Battista Maganza|Giovanni Battista Maganza}}, vicentino, in lingua padovana, ne diceva: |
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TORQUATO TASSO |
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profusi da ogni parte; di lui parlano molte poesie del tempo (22); |
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Aldo Manuzio stampatore, Muzio Manfredi tragico, i genovesi Gu- |
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stavini letterato e Bernardo Castelli pittore teneangli spesso com- |
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pagnia; ivi contrasse durevole amicizia col padre Angelo Grillo e |
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con Antonio Costantini: il cardinale Alberto d'Austria, l'imperatore |
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Che ben ch’agn’homo muora |
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Rodolfo, il granduca e la granduchessa di Toscana, i papi Gre- |
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gorio Xin e Sisto V, il duca d'Urbino, la duchessa di Mantova |
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col figlio , il principe di Molfetta , il signor di Sassuolo , la città |
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di Bergamo supplicavano per la sua liberazione. In sei mesi com- |
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S’agnon brama d’aldire, |
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parvero sei stampe del Goffredo; diciotto in cinque anni; ed una |
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in Francia, dove era veneratissimo , e dove Balzac, dispensiero |
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della gloria, diceva che « Virgilio è causa che il Tasso non sia il |
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''Rime in lingua rustica padovana, ecc.,'' Venezia, 1620, pag. 153.</ref>; Aldo Manuzio stampatore, Muzio Manfredi tragico, i genovesi Gustavini letterato e Bernardo Castelli pittore teneangli spesso compagnia; ivi contrasse durevole amicizia col padre Angelo Grillo e con Antonio Costantini: il cardinale Alberto d’Austria, l’imperatore Rodolfo, il granduca e la granduchessa di Toscana, i papi Gregorio XIII e Sisto V, il duca d’Urbino, la duchessa di Mantova col figlio, il principe di Molfetta, il signor di Sassuolo, la città di Bergamo supplicavano per la sua liberazione. In sei mesi comparvero sei stampe del ''Goffredo''; diciotto in cinque anni; ed una in Francia, dove era veneratissimo, e dove {{AutoreCitato|Honoré de Balzac|Balzác}}, dispensiero della gloria, diceva che «{{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}} è causa che il Tasso non sia il primo, e il Tasso è causa che Virgilio non sia solo», benchè il rimproveri perchè mescola il sacro al gentilesco, e come il suo Ismeno, «sovente in uso empio e profano confonde le due leggi a sè |
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primo, e il Tasso è causa che Virgilio non sia solo », benché il |
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<ref follow="p422">et crudele trafitto: nondimeno, se riteniamo l’uno dei titoli, puossi difendere con lo scudo di Virgilio, havendo egli etiandio con tale intentione scritto forse quell’altro volume, nomato ''Rinaldo''. Se ameremo meglio il secondo, sarà pur lodevole, appoggiandosi all’autorità sua propria et del {{AutoreCitato|Gian Giorgio Trissino|Trissino}}. Ma ben deve essere pregato ciascun gentile spirito, che leggerà questo poema, a scolpare in ogni maniera nobilmente l’Autore se alcun picciol difetto vi scorgesse, overo non riuscisse così di sua piena soddisfattione, stimando egli non l’haver potuto rivedere compiutamente nè porgli l’ultima mano, insino a tanto che la rea fortuna cangi quell’infelice stato, in cui questo ammirabile Poeta è caduto, et lo renda al mondo: di che, quando intervenga, dovranno i mortali tenere obligo eterno alla molta liberalità et magnificenza del Serenissimo Signor Duca di Ferrara, il quale, seguendo l’orme dei suoi Predecessori e veri mecenati delle Muse, la sua salute con ogni carità et diligenza di continuo va procurando. Di Vicenza, alli 13 d’aprile, 1582».</ref> |
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rimproveri perchè mescola il sacro al gentilesco , e come il suo |
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Ismeno, « sovente in uso empio e profano confonde le due leggi a sè |
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et crudele trafilto: nondimeno, se riteniamo l'uno dei titoli, puossi difendere con lo |
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scudo di Vergilio, havendo egli eliandio con tale inlentione scritto forse quell'altro |
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volume, nomato Rinaldo. Se ameremo meglio il secondo, sarà pur lodevole, appog- |
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giandosi all'autorità sua propria et del Trissino. Ma ben deve essere pregato cia- |
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scun gentile spirito, che leggerà questo poema, a scolpare in ogni maniera nobil- |
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mente l'Autore se alcun piccioi difello vi scorgesse, overo non riuscisse così di sua |
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piena soddisfattone, stimando egli non ì'haver potuto rivedere compiutamente nè |
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porgli l'ultima mano, insino a tanto che la rea fortuna cangi quell'infelice stato, |
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in cui questo ammirabile Poeta è caduto, et lo renda al mondo: di che, quando |
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intervenga, dovranno i mortali tenere obligo eterno alla molta liberalità et magni- |
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ficejjza del Serenissimo Signor Duca di Ferrara, il quale, seguendo l'orme dei suoi |
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Predecessori e veri mecenati delle Muse, la sua salute con ogni carità et diligenza |
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di continuo va procurando. Di Vicenza, alli 13 d'aprile, 1S82 ». |
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(22) Giovanni Battista Maganza, vicentino, in lingua padovana, ne diceva: |
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Che ben ch'agn'homo muora |
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S'agnon brama d'aldire, |
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lìime in lingua rustica padovana, ecc., Venezia, 1620, pag. 153. |