Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1912, V.djvu/273: differenze tra le versioni

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pregarlo, egli, che cortese, e secondo il suo cognome, è molto gentile, non sofferse essere pregato, ma si offerse a dirlo; onde sotto uno pergolato postosi su le panche a sedere, egli molto leggiadramente il caso amoroso ci narrò. E tornato io a l’albergo, lo descrissi. Pensando poi, secondo il suo costume, cui donare il devesse, voi subito mi occorreste, perciò che spesso parlare di amore solete. Oltra poi che volontieri ne ragionate, non ostante che tutto il dì in questo nostro felicissimo esercito al caldo e al freddo, di notte e di giorno armato, cavalerescamente vi diportate, non vi può fatica né periglio alcuno levarvi le fiamme amorose fora del petto, né tôrvi che di continovo non siate in la schiera degli incatenati amanti sotto il vessillo de l’amore. State sano.
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PARTE QUARTA
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pregarlo, egli, che cortese, e secondo il suo cognome, è molto
Passando io per Milano, signori miei, intesi da uno amico mio come poco innanzi vi fu e ancora vi era una gentildonna vedova, la quale, essendo forte giovane, ricchissima e molto bella, deliberò piú non si rimaritare, ancora che non passasse ventidui anni. Aveva ella uno picciolo figliuolino in culla, che non era ancora uno anno che al marito partorito avea. E venendo il marito a morte, fece il suo testamento, lasciando il figliuolo erede universale. A la moglie accrebbe di dote cinque millia ducati, lasciandola, come dicono essi lombardi, donna e madonna del tutto, senza essere ubligata a rendere conto de l’amministrazione, eccetto che non voleva che potesse alienare beni immobili né per vendita né per pegno. Rimasa adunque vedova, attendeva a governare il suo figliuolino. Dimorava ella in uno soperbo palazzo, tanto bene fornito di bellissimi razzi e alessandrini tapeti e di ricchi e vaghi fornimenti di letti, quanto altro che in Milano ci fosse. Teneva anco una onoratissima carretta con quattro bravi corsieri, e ben che non tenesse
gentile, non sofferse essere pregato, ma si offerse a dirlo; onde
sotto uno pergolato postosi su le panche a sedere, egli molto
leggiadramente il caso amoroso ci narrò. E tornato io a l'albergo,
10 descrissi. Pensando poi, secondo il suo costume, cui donare
11 devesse, voi subito mi occorreste, perciò che spesso parlare
di amore solete. Oltra poi che volontieri ne ragionate, non
ostante che tutto il di in questo nostro felicissimo esercito al
caldo e al freddo, di notte e di giorno armato, cavaleresca-
mente vi diportate, non vi può fatica né periglio alcuno levarvi
le fiamme amorose fora del petto, né tórvi che di continovo
non siate in la schiera degli incatenati amanti sotto il vessillo
de l’amore. State sano.
NOVELLA XXV (XXVI)
Ciò che facesse una ricca, nobile e forte bella gentildonna rimasa vedovar Né più
si volendo rimaritare né possendo contenersi, con che astuzia provide a li
suoi bisogni.
Passando io per Milano, signori miei, intesi da uno amico
mio come poco innanzi vi fu e ancora vi era una gentildoi
vedova, la quale, essendo forte giovane, ricchissima e molto
bella, deliberò più non si rimaritare, ancora che non passas“
ventidui anni. Aveva ella uno picciolo figliuolino in culla, che
non era ancora uno anno che al marito partorito avea. E ve¬
nendo il marito a morte, fece il suo testamento, lasciando il
figliuolo erede universale. A la moglie accrebbe di dote cinque
millia ducati, lasciandola, come dicono essi lombardi, donna e
madonna del tutto, senza essere ubligata a rendere conto de
l’amministrazione, eccetto che non voleva che potesse alienare
beni immobili né per vendita né per pegno. Rimasa adunque
vedova, attendeva a governare il suo figliuolino. Dimorava ella
in uno soperbo palazzo, tanto bene fornito di bellissimi razzi
e alessandrini tapeti e di ricchi e vaghi fornimenti di letti,
quanto altro che in Milano ci fosse. Teneva anco una onoratis¬
sima carretta con quattro bravi corsieri, e ben che non tenesse