Brani di vita/Libro primo/Un'ora di pessimismo: differenze tra le versioni

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Vano è sperare in un assetto definitivo e pacifico. La natura stessa impose che l'aspirazione umana non possa aver termine dove stare ed adagiarsi, e la natura non cambia le sue leggi per evoluzioni o rivoluzioni di uomini. Il desiderio è una scala senza fine che l'umanità sale faticosamente da qualche millennio, urlando di dolore ad ogni nuovo gradino. La natura la insegue col flagello insanguinato, cacciandola in alto, sempre più in alto, facendo seguire una nuova aspirazione a quella che fu raggiunta, un nuovo e più faticoso gradino a quello che fu superato, e solo riposa chi muore. Questa è la legge, e la pianta crescerà finchè dia il frutto e il frutto germoglierà per esser pianta e così senza fine. Il mito delle Danaidi antiche è il simbolo dell'umanità.
Chi cresce la scienza cresce il dolore, disse quel mirabile pessimista che fu l'Ecclesiaste, e l'uomo sempre più raffinato dalla civiltà e dalla scienza si troverà cresciuta a dismisura la facoltà di soffrire. Vedrà allora la volgare e triste commedia della sua vita quotidiana essere nel suo insieme una orrenda tragedia. Vedrà che solo il dolore è reale e positivo, poichè le rare gioie umane non sono che cessazione momentanea di un dolore, appagamento di un desiderio o di una aspirazione che nella loro intensità erano dolore; e il breve appagamento, seguito tosto dalla sazietà, cede il posto a un desiderio, ad una aspirazione, insomma ad un dolor nuovo. L'arte istessa, così possente a rappresentarci il dolore, che è positivo, non può rappresentarci la gioia che è negativa. Paragonate [[Autore:{{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante]]}} che descrive gli strazi umani dell'[[Divina Commedia/Inferno|Inferno]], con [[Autore:{{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante]]}} che descrive le gioie teologiche del [[Divina Commedia/Paradiso|Paradiso]]! Vanità sopra vanità, illusione sopra illusione, dolore sopra dolore, e l'umanità, giunta a questo punto di conoscimento del proprio destino, si chiederà se questa vita valga la pena di esser vissuta.
Vedete l'amore, la più possente delle umane illusioni, da cui tutta l'arte dipende e che domina i nove decimi della nostra vita. Quanti sogni e quanti versi eterei ed ideali! Ma cercatelo, scrutatelo nelle sue midolle, e per etereo che vi appaia gli troverete sempre le radici nell'istinto sessuale. La natura c'inganna e ci induce a perpetuare la specie con l'esca di una soddisfazione dell'io. Chiedete ai più fervidi amanti che sarebbe del loro amore sa l'amata avesse vent'anni di più; tanto è vero che l'istinto solo ci muove! E colla soddisfazione dell'istinto, colla cessazione del dolore, del desiderio, ecco la sazietà, la disillusione, cui talora può succedere un sentimento di affezione amichevole, indotto dalla consuetudine, ma che non è più l'amore. "I miei lombi son pieni d'illusioni" confessò il salmista, ma la natura ci trae d'illusione in illusione per la maggiore moltiplicazione della specie, ci consiglia l'infedeltà, ci suggerisce romanzi sempre nuovi. Quante pagine sublimi inspirò l'amore contrastato, quanti Werther ignoti darebbero la vita per un bacio! Ma quante pagine tollerabili inspirò l'amor soddisfatto? E Werther, se avesse dormito un anno con Carlotta, non si sarebbe chiesto "valeva la pena?"