Del Vaglio di Eratostene e della illustrazione fattane da Samuele Horsley negli atti della R. Società di Londra: differenze tra le versioni

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In questo breve saggio avendo preso per limite della serie il 161 abbiamo adoprati per divisori i soli numeri primi fino al 53 ; perchè i successivi ci avrebbero condotti fuori del limite a cercare i primi loro multipli.
 
La fatica di costruire questa tavola non è stata maggiore di quella che avrebbe importato la semplice cancellazione proposta dall'Horsley; ma non solo abbiamoabbiam trovato per esclusione i numeri assolutamente primi (unico oggetto cui serva opportunamente, secondo l'Horsley, questa operazione) ma abbiamo ancora il modo di conoscere i primi relativamente.
Imperocchè se confrontiamo p. es. 35 e 39, numeri composti, vediamo non aver essi alcun divisore comune, e per ciò essere primi fra di loro.
Che è appunto ciò che Nicomaco e Boezio ci avean detto ottenersi col Vaglio d'Eratostene.
 
Che poi, potendosi conseguire anche con altri metodi una tal cognizione, sia assai meno importante questa parte del metodo d'Eratostene, questa è cosa da concedere a dirittura; ma non è ragione che valga a vituperare o come ignoranti o come menzogneri quegli antichi che, tanto più vicini alla età di Eratostene, ci tramandarono contezza della invenzione di lui.
 
Nel saggio che ho dato circa l'operazione del Vaglio ho preso, come l'Horsley, la serie dei numeri dispari, non tanto per aver esso fatto così, quanto perciòperchè così fecero Nicomaco e Boezio.
E certo che ciò basta pienamente all'uopo di rintracciare i numeri primi assolutamente.
Ma primi relativamente esser possono un pari e un dispari.
E perciò io inclino a credere che in origine l'operazione d' Eratostene fosse fatta sopra la serie naturale dei numeri 1, 2, 3, 4, 5... e solo in appresso fosse semplificata, riducendola alla serie dei dispari.
E a farmi credere così, oltre l'intrinseca verisimiglianza, me lo persuade ancora un periodo di Nicomaco (omessoommesso da Boezio), sebbene assai involuto ed oscuro forse per non esserne sincera la lezione.
Nè l'assumere la serie dei numeri naturali complicava di troppo l'operazione che rimaneva pur sempre abbastanza spedita.
Quella prima semplificazione poi doveva condurre a negligere affatto la ricerca dei numeri ''primi fra di loro'', col mezzo di questo Vaglio, e ridurlo alla semplicità vagheggiata ed ottenuta dall'Horsley.
 
Quella fatica alquanto maggiore che si impieghi poi nello scrivere tutti i divisori primi (dacchè basta notare questi; e Nicomaco e Boezio non dissero, ciò che fa loro dire l'accademico, inglese, doversi notare tutti quanti indistintamente i divisori), reca non leggero compenso a chi non una serie dei numeri primi, cominciando dai più piccoli, volesse fare; ma volesse invece cercare i numeri primi che si trovino fra due numeri dati.
 
Prendiamo a cagion d'esempio a cercare i numeri primi che siano fra 3400 e 3500; per avere appunto fra le mani quel 3465 che, avendo non meno di 22 divisori, è recato dall'Horsley come esempio, quasi dissi spauracchio, della confusione che rende non praticabile (''impracticable'') 1ala tavola suggerita da Nicomaco.
Troviamo coi metodi consueti i divisori di questo numero.
E prendendo quelli che evidentemente non ci conducano a cercare i loro multipli fuori dei limiti dati, e così prendendo i numeri 3, 5, 7, 9, 11, 15, 21.... senz'uopo di altre operazioni, ma applicando la teoria fondamentale del Vaglio, noteremo a destra ed a sinistra il 3 come divisore dei numeri che incontreremo contando a tre a tre, poi il 5 sotto quelli che troviamo contando a cinque a cinque, il 7 sotto quelli che ci si presentano contando a sette a sette ; e così via discorrendo.
L'avvertenza che i multipli di questi divisori semplici, come 9, 15, 21... vanno a cadere sopra numeri già trovati composti, consiglierà a risparmiare il tempo di notarli essi pure.
Avendo fatto ciò, non solo si è operata una prima vagliatura, che ha già eliminato un gran numero di termini riconosciuti composti, ed ha assegnato a ciascuno il minimo suo divisore; ma si è ancora ottenuta la certezza che nessun altro termine della serie data è divisibile pei divisotidivisori già applicati.
Perciò rimangono da sperimentare gli altri numeri primi.
Ed anche ciò si può fare colla certezza di non operare inutilmente, e come a tastoni.
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Ma qui vengono in ajuto quelle osservazioni che l'accademico inglese dichiara di ammettere come ''certamente'' di Nicomaco, ''perchè prive d'importanza in se medesime, e del tutto estranee al proposito''.
Queste osservazioni, o piuttosto questa osservazione, dacchè si riducono ad una sola, consiste nel por mente che non solo ogni numero primo ''n'' è summultiplo di tutti que' successivi che da lui distano ''n''—1 termini; ma che gli altri fattori che con lui moltiplicati formano ogni suo multiplo, sono costantemente, ed in ordine, ciascuno dei termini della serie dei dispari, cominciando dal primo.
Perciò, trovato un numero ''primo'' p. es. 3413 senza contare materialmente tanti termini successivi, vedremo col mezzo di facili moltiplicazioni che i multipli di lui sono 3 x 3413, 5 x 3413, 7 x 3413 e così via discorrendo.
Il dotto inglese che in una annotazione latina al testo di Nicomaco ha pure tradotta l'osservazione di lui in forma algebrica, avrebbe meglio provveduto al rpoprioproprio decoro, se invece di vilipednderla nella sua Memoria, se ne fosso giovato per condurre a maggior perfezione il metodo da lui semplificato <ref>Ecco la nota sua a Nicomaco segnata ''(p)'' = Nempe series numerorum imparium 3, 5, 7, 9, etc. infinite protensa cum numeros impares universos contineat, imparsimparis cujusvis multiplices omnes impares necessario complectitur. Esto igitur ''n'' mumerus quilibet impar. In serie 3, 5, 7, etc. infinite protensa habethabes numeros omnes ''n'' x 3, ''n'' x 5, ''n'' x 7, etc. Et cum seriei ea Lex sit et Conditio, ut naturali ordine numeri impares sequantur, et minor omnis numerosnumerus majorem praecedat, fieri nequit, quin multiplices numeri ''n'' eum inter se ordinem servent, ut minor quisque majorem praecedat. Primus igitur erit ''n'' x 3, secundus ''n'' x 5, tertius ''n'' x 7, et universim, ''n'' x ''m'' eum habituruhabiturus est, inter multiplices, locum, quem numerus ''m'' in serie. = <br/>
 
Assai belle ed opporteneopportune sono in generale le note dell'Horsley per ridurre a buona lezione, ora coll'ajuto de' Mss. ed ora col mezzo di critiche congetture, i testi di Nicomaco e di Boezio.
E la lode che perciò egli merita sarebbe più pura, se meno arrogante e presuntoso si fosse mostrato nella Memoria che ho abbreviata e disaminata ìnin questo mio scritto.<br/>
 
In una dellodelle suo note a [[Autore:Anicio Manlio Torquato Severino Boezio|Boezio]], parmi essere alquanto corriva e intemperante la sua critica.
Boezio scrive: « .... Modum autem ''mensionis'', secundum ordinem collocatorum, ipsa series dabit. Nam primus quem numerat, secundum primum ''numerat'', idest secundum se; et secundum primus quem numerat, per secundum ''numerat'', et tertium per tertium, et quartum item per quartum.... »<br/>
 
L'Horsley annota: « Pro ''numerat'' mallem in utroque loco ''metitur'', ut aliud sit ''numerare'' aliud ''metiri'', et sensus sit. « That which the first numeber [of the Series] ''counts'' the first [of its multiples], it ''measures'' by the first [of the Series], i. e. by itself. That which it ''counts'' the second [number in the Series]. »
Sic enim infra legimus de Numero ordine secundo « primum quem ''numerat'' secundum primum ''metitur''. »<br/>
 
Io non posso convenire con lui nella correzione che propone al testo.
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Porrò fine a questa disamina cercando la ragione filologica per la quale fu dato a que' numeri, che non sono multipli di nessun altro numero, il nome di ''primi'' (πρῶτοι), che non è stato cangiato mai.
E sebbene un tratto di Boezio potesse far sospettare che fossero appellati così, perché essi non hanno altre parti aliquote fuor di quella che prende nome da essi: come il 3 nel quale si ha dei ''terzi'', il 5 dove si ha dei ''quinti'', il 7 nel quale non sono che ''settimi'', e così via discorrendo; ma sono poi commensurati dalla sola unità <ref>« ''Primus'' quidem et ''incompusitus'' est qui nullam partem habet, nisi eam quae a tota numeri quantitate denominata sit, ut ipsa pars non sit nisi unitas, ut sunt 3, 5, 7.... In ''tribus'' enim una pars sola est, idest ''tertia'', quae a ''tribus'' scilicet denominata est; et ipsa tertia pars unitas.... Dicitur autem ''primus et incompositus'', quod nullus eum alter numerus metiatur, praeter solam, quae cunctis mater est, unitatem.... Primos ergo et incompositos nullus numerus metietur, praeter unitatem solam, quoniam ex nullis aliis numeris compositi sunt, sed tantum ex unitatibus in semetipsis auctis multiplicatisque procreantur. Ter enim unus, 3; et quinquies unus, quinque: et septies unus, 7 fecerunt. Et allialii quidem, quos supra descripsimus, eoderneodem modo nascuntur. »<br/>
 
Boeth. Arithm. Lib. I, cap. 10 (e in altre edizioni cap. 14).</ref>; ciò non di meno mi sembra più probabile che fossero detti ''primi'', perchéperchè ciascuno di essi nella infinita serie dei numeri o naturali o dispari, si trova essere il primo delle serie dei molteplici, che si cancellano o altrimenti sono segnati nella operazione del Vaglio di Eratostene.
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|Così nelle serie&nbsp;
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|11,||22,||33,||44,||55 ....
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i numeri ''incomposti'' si trovano sempre e soli essere i ''i primi''.
 
 
====Note====