Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/119: differenze tra le versioni

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<poem>La visione tenera diffuse

Tal in me gaudio, ch’ io lagrime sparsi
{{R|546}}Fra dolce invidia, e fra pietà confuse;
E volto a lei, ch’io vidi in atto starsi
D’accennarmi il sentier della bell’Alma
{{R|549}}Cui grazia e virtù diér tant’alto alzarsi,
Dissi: Tu dunque alla celeste palma
M’inviti? tu che sai, che ognor io tenni
{{R|552}}Lo spirto servo dell’indocil salma?
Come avverrà, ch’io l’ali pigre impenni
Là dove Puritade aurea s’annida
{{R|555}}Per la difficil via, che tu m’accenni?
Deh, non il piè, ma l'intelletto or guida
A saper come in ciel di Dio s’invogli
{{R|558}}Sempre, e gioisca in Dio l’Alma a lui fida,
Tal che mentre il gran bujo a me tu sciogli
E sì divina idea nel sen m’avvivi,
{{R|561}}Le amate immagin vili il cor si spogli.
Ella rispose: Ai puri Spirti privi
Del terren velo apresi il lume immenso,
{{R|564}}Non a te, che fra speme e fede or vivi.
Che se ancor tu pensassi quel ch’io penso,
Nel giorno eterno avrìa notte, e non luce
{{R|567}}Il tuo pensier fuor di sua lena estenso.
Al ver, che fra le sacre ombre traluce,
T’affida, e il segui; e alle tue voglie strane
{{R|570}}Sia questo il freno, e alle migliori il duce.
Già le ricchezze scorgi, o amare, o vane,
Per cui, bench’altri più s’orni o s’ingemme,
{{R|573}}Non rompe il corso alle vicende umane.
Vedi, ch’ove il mar trae l’oro e le gemme,
Spesso anche il tosco formidabil porta,
{{R|576}}Che d’orror n’empie i golfi e le maremme.
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