Specchio di vera penitenza/Trattato della superbia/Capitolo primo
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CAPITOLO PRIMO.
Dove si dimostra cosa è superbia.
La prima cosa che dobbiam dire della superbia, si è discriverla che cosa ell’è.1 Della quale dice santo Agostino nel quartodecimo libro della Città di Dio: Quid est superbia, nisi perversoe celsitudinis appetitus? Che cosa è superbia, se none uno appetito di perversa altezza? Il quale detto san Tommaso, sponendo, dice: Superbia è detta quando altri colla volontà va sopra quello ch’egli è. E santo Isidoro dice nel libro del l’Etimologie: Superbus est qui super vult videri quam est: qui enim vult supergredi quod est, superbus est; Superbo è colui il quale vuole parere sopra quello ch’egli è: chi vuole salire sopra quello ch’egli è, superbo è. Per quello ch’ è detto, si dà ad intendere che propiamente il vizio della superbia sta nella volontade disordinata; e allora è la volontade disordinata, quando non è secondo diritta ragione. Dove è da notare, secondo che dice san Tommaso, che la ragione diritta ha ordinare tutte quelle cose che naturalmente dall’uomo si disiderano. E allora la volontà di ciascuno, quando è ordinata dalla diritta ragione, si muove a quelle cose che si convengono, e sono proporzionate alla condizione della persona; e allora si desiderano e amansi le cose virtuosamente e ragionevolmente. Ma quando sanza ragione diritta si muove l’appetito e la volontà e ’l desiderio, allora viziosamente e perversamente si desiderano e amansi le cose: e da questo2 procedono tutti i vizi. Onde san Dionisio dice che ’l male dell’uomo e dell’anima si è essere sanza ragione. E questo è perversamente disiderare altezza e escellenzia, volerla escessivamente alla ragione diritta, cioè più che non si dee e che non si conviene secondo diritta ragione. E questa è volontà perversa, della quale séguita il trapassamento e lo spregiare de’ comandamenti di Dio. E in questo modo descrive san Gregorio nel libro de’ Morali la superbia, esponendo quella parola et liberet eum a superbia: Contra Conditorem superbire, est prooecepta eius peccando trascendere; quia quasi a se iugum dominationis excutit, cui per obedientiam subesse contemnit: Superbire contro a Dio, è passare i suoi comandamenti peccando, e non volere essere suggetto a Dio per la obedienza, e gittare da sé il giogo della signoria sua. Ancora della superbia, della quale dice san Bernardo ch’è uno appetito di propia escellenzia, e’ séguita lo spregiare e avere a vile il prossimo; sì come dimostra bene san Gregorio nel libro de’ Morali, sponendo quella parola: si habes quid loquaris, responde mihi. È adunque superbia, conchiudendo il detto de’ dottori, uno appetito disordinato o vero uno amore perverso della propia eccellenzia.