Sorella di Messalina/Parte seconda/XIII

XIII

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XIII.

Un giorno, recatosi a trovarla a un’ora inconsueta, Alberto non la trovò: la cameriera gli rispose un poco turbata:

— La signora è uscita.

— Da molto tempo?

— No, da pochi minuti.

— In quale direzione?

La cameriera accennò con prontezza a mano sinistra. Allora con uguale prontezza Alberto, cui pareva ormai di conoscere l’anima femminile, volse a destra, e si inoltrò rapido verso il Valentino.

Il Po era grigio e freddo; gli alberi brulli; i viali quasi deserti.

Giunto vicino al Castello Medioevale Alberto scorse, in un sentiero laterale, due figure, un uomo e una donna; gli parve di ravvisare il chiarore argenteo di un mantello di cincillà; affrettando il passo riconobbe davanti a lui — allontanandosi da lui — la nota figura snella e un poco languida, le esili spalle spioventi e l’andatura così caratteristica di Raimonda — andatura a un tempo affettata [p. 56 modifica] e negligente, come di chi bada dove mette il piede ma non si cura di dove va.

Accanto a lei, stretto al suo braccio, era un uomo: il corpo alto, dritto di spalle, sottile di fianchi denotava la gioventù. Camminavano lentamente.

Alberto sentì il sangue fluirgli in una ondata violenta alle tempia; il cuore gli batteva in gola. Precipitò il passo fino quasi a raggiungerli, poi si fermò.

Come se avesse percepito la sua presenza, anche l’uomo davanti a lui si arrestò d’improvviso e rimase immobile come in ascolto. Ma non si voltò indietro; fu Raimonda che, forse avvertita da lui, si volse a guardare chi li aveva seguiti.

Scorgendo Alberto ella ebbe un piccolo sussulto; quindi, a grande sorpresa di lui, portò rapida un dito alle labbra come per imporgli il silenzio. Rivolta al compagno, disse a voce chiara ed alta:

— È il barcaiuolo. — Poi si trasse in disparte facendo cenno ad Alberto che passasse davanti a loro.

Egli esitò; ma lanciato uno sguardo allo sconosciuto vide brillare sotto l’ala del cappello di feltro un paio di grandi occhiali azzurri. Comprese che era cieco. Allora senza una parola ubbidì alla silenziosa ingiunzione [p. 57 modifica]di Raimonda. Essa gli lanciò al passaggio un fuggevole sorriso.


Alberto oltrepassò rapido i due e giunto al ponte Isabella volse a destra e tornò in città.

Chi poteva essere costui?... Raimonda non aveva mai parlato di un amico o di un parente colpito da questa sventura...

Quella sera si recò da lei; la trovò pallida e commossa.

— Hai pianto! — disse lui, scrutandola.

Ella chinò il capo.

— E quel giovane d’oggi, chi era?

La donna non rispose subito; allora egli ripetè la domanda.

Ella esitò ancora un momento prima di pronunciare il nome.

— Adriano Scotti, — disse finalmente.

— Adriano Scotti... non mi è nuovo quel nome, — meditò Alberto, mentre nelle chiare pupille di lei lampeggiava uno sguardo inquieto. — Adriano Scotti... Non ricordo più che cosa ho udito sul suo conto. Qualche storia strana... — E rivolto a lei: — È un cieco di guerra?

Ella scosse il capo.

— No, — disse affrettatamente. E subito lo trasse a sedere accanto a lei e gli parlò di [p. 58 modifica]un nuovo quadro di Giulio Graziani ch’ella aveva veduto alla Promotrice.

— Giulio Graziani! quell’imbrattamuri! quell’anamorfo sgorbiatore! — esclamò Alberto; e si lanciò in una disquisizione critica veemente ed arguta, durante la quale Raimonda, cogli occhi trasognati fissi in lui, pensava a tutt’altro.