Sorella di Messalina/Parte prima/VII

VII

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VII.

Com’era?

Era feroce e dolce, era magnifica e mostruosa. In lei l’amore era qualcosa di convulso e di atroce.

E il giovane, da principio stordito e quasi respinto da tanta feroce frenesia passionale, disse a sè stesso:

— Di questa donna mi stancherò presto.

Ma non se ne stancò.

Poichè ella si rivelò un’amante portentosa. Un’amante di profondo e prodigioso intuito; di una sensitività acre e morbosa, di una sensibilità fantasiosa e ispirata. Era così varia e sorprendente che al giovane pareva di conoscere in lei tutta la muliebrità del mondo. Ella era mille donne! Era tutte le donne. Era la donna!

Ora appariva all’amante candida come una bimba; ora corrotta come una meretrice. Oggi ostentava una lubrica depravazione, domani una sognante idealità. Oggi era [p. 38 modifica] commovente di ingenua dolcezza, domani spaventosa di delirante lussuria.

Egli la lasciava a tarda notte sopita in un letargo mortale, quasi inabissata nell’inerte stupore di un ipnotico; e, dopo qualche ora, la ritrovava, lieta e candida, gaia e fanciullesca.

Nei soleggiati meriggi uscivano insieme ed ella era con lui saggia e positiva, consigliatrice affettuosa, amica dolce e quasi materna.

Nei ritrovi mondani si rivelava la dama spirituale e corretta, di una dignità calma e irreprensibile...

E la sera, ecco! gli si abbatteva tra le braccia, empia e violatrice, iena, furia, vampiro!


Alberto ne fu avvinto e travolto. Egli che fino allora, con altre donne, era sempre stato un amante blando, temperato e sufficiente, con lei divenne un vulcanico amatore, un amante sovrumano e trascendentale. Turbini e tempeste gli scotevano i nervi. Ed egli sentiva di essere un uomo speciale, prescelto, eletto! Sentiva di essere un dio.

Andava intorno per la città con aria spavalda e sprezzante; disdegnava le donne, [p. 39 modifica] insultava gli uomini, si pettinava come un apache, si profumava il fazzoletto coll’etere. Dipingeva con balda iattanza, sbattendo sulla tela delle spennellate sprezzanti e disdegnose.

E trattando così, con altezzosa villania, gli uomini, le donne e l’arte, si fece molto notare ed apprezzare.


Ed essa lo amò. Lo amò con frenesia ed estasi, con rapimento e strazio.

Ben presto venne l’epoca, come in tutti gli amori, in cui ella non volle più vedere nessuno all’infuori di lui; nè amici, nè amiche, nè conoscenze, nè estranei. Lo rinchiuse nella sua passione come in una fortezza, esigendo da lui il passato, il presente e l’avvenire, chiedendogli la rinuncia ai suoi ideali, alle sue aspirazioni, alla sua individualità.

Conobbero insieme l’acre tedio e la snervante dolcezza della perenne solitudine a due.

E la donna, talvolta, ne fu quasi soddisfatta.

Trop suffit — quelquefois! — à la femme!

Ma nei convulsi allacciamenti saliva sempre dal cuore di lei — macabro ritornello — il desiderio della morte.

La morte!... Quella parola come un funebre rintocco accompagnava in lei la voluttà. [p. 40 modifica] E a poco a poco il giovane sentì quel delittuoso e voluttuoso sospiro sferzargli i nervi come un possente, oscuro afrodisiaco.

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Infine la fosca furia e lussuria di lei vinse e travolse anche l’uomo. Gli scavò nell’anima degli abissi insospettati. Lo avvolse e sconvolse, lo soggiogò e bruciò.

In breve egli non comprese più come si potesse «amare in letizia», compiere con baci e sorrisi il feroce e tragico rito d’amore.

E calò nelle sue braccia come in un abisso.