Sorella di Messalina/Parte prima/VI
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VI.
Mantenne per tre giorni il saggio proponimento. Poi le scrisse chiedendo di rivederla. Ella non rispose.
Allora la sera seguente, andò da lei.
La trovò, elegantissima, circondata da molta gente: uomini noti ed ignoti; donne della società e dell’arte. Si rivelava una perfetta padrona di casa, calma, corretta e cortese.
E Alberto stupito si domandò: — Era questa la donna dell’annuncio? Era questa la Messalina dall’elenco di amanti morti?
— E come — si chiedeva il giovane, con una tazza di thè in una mano e un sandwich nell’altra, — come erano morti?...
De Courcy doveva essersi suicidato. Gilberto Nelson?... Egli ne ricordava la fine improvvisa in una casa di salute; se ne era assai parlato qualche anno addietro... Degli altri Alberto non aveva mai udito il nome.
Quando gli altri invitati si congedarono, egli restò.
Appena furono soli ella cambiò atteggiamento. Al giovane parve che i suoi lineamenti si trasformassero. Non era più la signora di pochi istanti prima, calma, dignitosa e corretta; gli occhi verdi ridivennero triangolari; le labbra ch’ella mordeva convulsamente eran scarlatte; stringeva con violenza alle narici il fazzoletto intriso d’etere.
Alberto turbato le s’inginocchiò dinanzi, e piegò il volto sul braccio di lei, fresco alla sua guancia accaldata.
— Raimonda! — mormorò convulso — amami! amami!
— Ma ti amo! ti amo! Non hai compreso che ti amo? — singhiozzò lei.
E colle due mani gli alzò il viso e gli affondò nelle pupille lo sguardo violento, assetato di voluttà.
Al giovane ella apparve d’un tratto intristita, avvizzita, pietosa. Ed egli pensò che la donna è meno bella quanto più è ardente, meno inebriante quanto più è appassionata, meno commovente quanto più è commossa.
Con subitaneo finissimo intuito ella parve leggergli in fronte quel pensiero. Si riprese, subitamente calmata, sorrise, lo cinse col braccio e gli battè lievemente le dita sulla schiena, come se suonasse il pianoforte.
— Ma tu, dopo ciò che ti ho detto, tu hai forse paura di me!
— No! no! non ho paura — esclamò il giovane, ripreso a sua volta dalla passione.
— Hai detto che amarti era la morte! Ebbene, io non ho vissuto prima di amarti!
— Nè vivrai dopo di avermi amata, — disse, accarezzandogli con mano leggerissima i capelli.
Di nuovo egli si sentì urtato da questa asserzione sensazionale che gli parve assai spostata.
Che strana manìa era questa, di voler drappeggiare un grazioso idillio, una piacevole avventura, nel manto tenebroso della grande tragedia?...
Tuttavia, riflettè Alberto, se questa donna voleva ad ogni costo un amore truce e macabro, una passione alla Grand Guignol, bisognava accontentarla. Egli intonerebbe in minore la sua passione e avvolgerebbe di veli neri le rosse fiamme del suo desiderio.
Già. Le donne sono delle strane creature. Bisogna prenderle come sono.
Ed egli la prese com’era.