Sorella di Messalina/Parte prima/V

V

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V.

Quando si conoscevano da circa due mesi, ed egli non pensava più che a lei e come lei; e non parlava più che con lei o di lei, adottando gli atteggiamenti spirituali, le pose e le espressioni un poco eccentriche a lei abituali; quando tutti i suoi quadri — la danzatrice Araba, l’Ebe giovinetta, la Madonna di Laghet, la baronessa Ferrari, e anche l’ex-sindaco di Chieri — mostravano senza eccezione una vaga ma indiscutibile somiglianza a lei, egli d’un tratto le cadde in ginocchio dinanzi.

— Ti amo, Raimonda!...

— No, Giorgio! non amarmi! — sospirò essa.

— Non posso non amarti. Amarti... è la vita.

Ella si chinò verso di lui e gli pose le lunghe mani sulle spalle.

— Amarmi... è la morte, — sussurrò.

Alberto, per quanto innamorato, ebbe voglia di sorridere a questa dichiarazione che gli parve un po’ spinta verso il melodrammatico. [p. 32 modifica]

Ella gli lesse in volto il pensiero, e sospirò:

— Tu credi; — disse con lenta intensità, — tu credi che io esageri o scherzi. Mi trovi stravagante ed esaltata. Ebbene, ti sbagli. Io voglio che tu sappia in che genere di avventura tu ti arrischi con me. Non dirmi poi che non t’ho preavvisato.

Tacque un istante, poi riprese:

— Tu crederai pure che io non sono passata traverso la vita senza amori. Crederai pure che gli uomini mi hanno amata... molto amata...

— Sì, — disse Alberto.

— Ebbene, non vi è nel mondo un sol uomo che possa dire di essere stato mio amante. Non uno!

Alberto si sentì vagamente impressionato. Gli parve ch’ella dicesse il vero. Difatti, nei primi tempi, egli aveva pur parlato di lei, un po’ coll’uno, un po’ coll’altro; e tutti le avevano attribuito molte passioni e un passato turbolento e tempestoso. Ma chi erano i suoi amanti? o chi erano stati? Nessuno lo sapeva.

E ancora, come s’ella gli leggesse in fronte il pensiero, china verso di lui, mormorò:

— Félix de Courcy... morto. Gilberto Nelson... morto. Goffredo Sarti... morto. [p. 33 modifica]Theo Smith... morto. Adriano Scotti... — S’interruppe d’improvviso e si coprì il volto.

Alberto aveva ascoltato attonito il lugubre elenco. Pur avendo voglia di sorriderne, sentiva un piccolo brivido serpeggiargli per le vene.

— Tutti nel pozzo? — chiese finalmente, con una risatina nervosa.

Ella non rispose. Era pallida: due linee dure le solcavano le guancie. Ad Alberto parve brutta: brutta e assurda e temibile a un tempo.

Egli si alzò di scatto.

— Fuggo! — disse. — Voi siete una terribile donna!

E si chinò, quasi ironico, a baciarle la mano.

Solo, nella strada, nel pallido e prosaico tramonto cittadino, il giovane sorrise ancora ripensando la grottesca e macabra posa di costei.

— Basta! — disse, aggiustandosi al collo il bavero del soprabito. — Quella donna è un’esaltata e un’isterica. Non ci andrò più.