Sonetti romaneschi (1998)/Er dispetto

Er dispetto

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Er dente der Papa Er dua de frebbaro

 
     Io riparlà cco llui?! che? Mme ne fotto.
Nu lo sai che mm’ha ffatto cuer ruffiano?
Disse «Lello, una presa»; e io gabbiano
je presento la scatola de bbotto.
              5
     Lui stenne justa-solito1 la mano,
ippisi-fatto1 poi la passa sotto,
e llí ssan-bruto1 me je dà un cazzotto
che mme la fa zzompà2 ddu’ mía3 lontano.
              
     Ciavevo4 messo allora tre bbaiocchi
10de mezzo Sanvincenzo e mmezz’Olanna,
che mme volorno5 in bocca e ddrent’all’occhi.
              
     Tutto pe ccorpa6 ggià de chi ccommanna,
che nun vò che sse portino li stocchi,
dove che cce voría bbainetta7 in canna.


Roma, 11 febbraio 1833


Note

  1. 1,0 1,1 1,2 Iuxta solitum: ipso facto: ex abrupto. L’esempio continuo delle tante frasi latine delle quali in Roma si fa tanto sciupinio, seduce e addottrina anche i plebei.
  2. Saltare.
  3. Miglia.
  4. Ci avevo.
  5. Volarono.
  6. Colpa.
  7. Baionetta.