Sommario delle vite de' duchi di Milano/Gian Galeazzo Maria Sforza
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Quando Galeazzo Maria fu da’ congiurati ammazzato in chiesa di Santo Stefano, come dissi di sopra, il suo figliuol maggiore chiamato Gio. Galeazzo non aveva più che nove anni1: onde essendo stato dichiarato duca e successore, fu coronato secondo il solito a 24 d’aprile dell’anno 1478 e gli fu data la madre per tutrice in compagnia d’alcuni attenenti e baroni, ma fra gli altri di Cecco Simonetta molto affezionato e fedele al fanciullo2. Ma venuti di Francia a Milano Lodovico detto il Moro, e Sforza fratelli del morto duca, vennero in discordia con Cecco. Tuttavia instati da Lodovico marchese di Mantova, s’accordarono finalmente, se ben poco durò l’accordo, essendo il Moro confinato a Pisa, Sforza al suo ducato di Bari e Ascanio a Perugia. Ma la duchessa, o mossa da femminil leggerezza, o così instata da chi l’odiava, si pacificò poco appresso col Moro e lo richiamò a Milano senza saputa del Simonetta, di che esso fece con la molta sua prudenza profezia a madonna Bona, dicendole: a me ne va il capo, e a voi lo stato: il che appunto avvenne come egli predisse, essendo Cecco decapitato il penultimo d’ottobre dell’anno 14801 e Bona l’anno seguente priva del governo. In questo modo Lodovico il Moro ebbe il governo dello stato di Milano e del nipote; Il quale prese moglie Isabella figliuola d’Alfonso duca di Calabria e figliuola di Ferdinando re di Napoli, la qual venne a marito con grandissimi trionfi e feste. Cresciuto il giovane in età di 24 anni, era come prima dal Moro suo zio tenuto basso e senza alcun maneggio, anzi con pochissima entrata, né quanta gli bastasse a vivere non che mantener corte, né dal nome di duca in fuora, in lui era altro d’onore. Perché la duchessa Isabella, mossa a sdegno e sforzata &~_1 ragione, scrisse al padre ed all’avolo 3, rammaricandosi dell’ingiune di Lodovico. Essi per loro ambasciatori l’ammonirono più volte, ma wn avendo altro da lui che buone parole ricorsero all’armi, e fecero grandi apparecchi di guerra. Ma Lodovico chiamó in Italia contra gli ~.azonesi Carlo VIII re di Francia, il qual venne e in questo modo s’ac e ase tanto fuoco in Italia, che fu la ruina d’amendue quelle nobilissime Esmiglie Uagonese e Sforzesca. Giovanni Galeazzo ammalò non molto
! dr~c~o in Pavia, dove re Carlo venne a visitarlo, ed esso gli raccomandò Francesco suo figliuolo e poco appresso si condusse a morte, avendo muto il veleno a termine da Lodovico suo zio. Morì nel mese d’ottobre l’anno 1494 essendo in età di 25 anni. Regnò (se così può di lui
’ dorsi che non regnò mai) 17 anni, 9 mesi e alquanti giorni, e fu sepolw nella chiesa cattedral di Milano.
Védi il Giovio e il Supplimento delle Cronache.
Questa lettera lacrimevole merita d’essere qui riportata: `7o sono certa che voi, i quali sempre foste ricordevoli della chiarezza di casa d’Aragona e della dignità reale, non avreste giammai maritato me, che sono vostra figliuola e nel vostro seno allevata, a Giovan Galeazzq se voi aveste pensato ch’egli il quale quando fosse in età, era per dover succedere nello stato del padre e dell’avolo, passata la sua fanciullezza, e avuto figliuoli, fosse stato per dover servire all’ambiziosissimo e crudelissimo suo zio. Perciocché Lodovico, non psìr zio; ma crudele e dispietato nemico, pure ora apertamente, quello a che molti anni órnanzi, tirato dalla lunga usanza di governare desiderosissimamente aspirò sempre, solo wisiede lo Stato di Milano, e insieme colla moglie, ogni cosa governa a suo modo. A lui rabbídiscono i guardiani delle rocche, i capitani degli eserciti, i magistrati, e tutte le città desQa provincia. Egli dà udienza agli ambasciatori dei principi, dà le leggi della guerra e
an~pace, e finalmente ha suprema autorità della morte e della vita, delle entrate e delle ~ite tutte. E noi, miseri assediati da lui, e abbandonati da tutti non avendo altro che Carnamento del titolo vano, oscuramente viviamo una vita lacrimosa e dolente; e dubbiosi acora della vita, la quale perduto lo Stato egli onori, sola ci rimane, se tosto voi non ci soccorrete dopo tanti nostri travagli, ogni dì di peggio aspettiamo. Per amore di Dio, liberate la figliuola e ilgener vostro da questi affanni; e se le ragioni divine ed umane vi muoipro punto, se finalmente in cotesti anni vostri reali si trova alcun pensiero di giustizia, di pietà e di onore, rimetteteci nella libertà e nello stato nostro. Non ci manca il favore degli ottimi cittadini: in Giovan Galeazzo è animo capace di governo e di Stato, e gli orici aecchi, i quali temono ora la crudeltà del tiranno, stando cheti, ci promettono, renendo l’occasione di prontamente e fedelmente servirci dell’opera loro; e tutte le città no inverso di noi un ottimo volere, le quali città sono da lui con insolita e gravissima rtsunezza taglieggiate. Finalmente non ci mancherà del suo ajuto Iddio, il quale è quel cór punisce i delitti se voi, i quali sempre riputaste cosa onorata e reale, il soccorrere gli mwnissimi ancora oppressi da miseria e indegna servitù, non mancherete al sangue rostrn ed alla giustissima causa".
~ lettera scosse l’animo di Ferdinando e di Alfonso, che si diedero con ogni possa i prepararsi per combattere Lodovico; ma costui come vedrassi nella Vita seguente, stiedò Carlo VIII a scendere in Italia, impossessarsi del regno di Napoli, e ciò all’unico xoQo di divergere altrove la guerra che minacciavalo ne’ suoi Stati. A povera Isabella alla morte del marito si ritirò in Napoli, visse infelice; passò gli ultimi mi della vita a compor rime, e morì nel 1524, ebbe tre figli, due femmine e un maschio, :be si chiamò Francesco, e che dovea succedere nel ducato. Ma dalla madre venne mprudentemente consegnato a Lodovico XII, che condottolo in Francia, lo iniziò alla vita ~iastica. Morì di una caduta da cavallo mentre andava alla caccia.