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XXVI

AL SIG. VINCENZO VERZELLINO.


     In spalmata galera io me ne giva,
Vincenzo, a mezzo april verso Livorno.
Nella poppa sedea gente diversa,
Ma duo romani facean gran contrasti,
5Sopra le cose da pregiarsi in terra
Fra i popoli formati da Giapeto.
Dicea Gualtier: Posso portare in petto
La croce bianca e la vermiglia, provi
Col suo tesor Gisgon di gire a Malta,
10Nato di terra come un fungo: scosse
Le tempie Iroldo, indi soggiunse: Illustre
Sarò, se dotto spenditor, se cuoco,
E se dotto ruffian non mi vien meno.
O tordi, o baccelloni! argento ed oro,
15Oro ed argento fanno l’uomo altero.
Sorga del re lo sdegno, e caschi un grande
Della gran Spagna, e dipelato vada,
Poi trovi un ganapan, che pur gli dica,
Vuestra mercè. Così diceva Iroldo.
20Quivi mi venne in cor che quel gran Fante
Dopo date le leggi a tante genti
Fu rimandato a pasturar sua greggia,
Allor ciascuno si guatava in viso,
E dicea: qual misfatto? Ha per ventura
25Costui manifestati i gran segreti?
O falsamente impressi i gran sigilli,
Come Mazzocchio? No: sua colpa è scura,
Ma dal terreno Giove egli è percosso
Colla folgore acuta; ei n’era degno:
30Avea fumo più ch’Etna; un pentolino.
Già lo sfamava il dì di Pasqua, ed ora
Al briccone putivano i fagiani:
Posso memoria far del gran Pasquale,
Custode de i tesor; costui bramoso
35Pur d’avanzarsi e di vestirsi d’ostro,
S’avvenne in un cortese manigoldo,
Che il nudo tergo gli coperse a rosso;
Porpora d’una scopa, è fragil vetro
Ove s’appoggia la grandezza umana.
40Vendo io menzogne? Se io le vendo, dica,
Dica la veritate il Dragoniero:
Non portava costui fronte rugosa?
Ciglio aggrottato? Non vibrava guardi
Torbidi di venen, qual basilisco?
45Vedeasi passeggiare intra due fila
Di trenta alabardieri, e col sembiante
Sentir facea ribrezzo a mezzo mondo;
Ma tanta tracotanza e tanto orgoglio,
Qual fine ebb’egli? Un colpo di mannaja
50Troncogli il collo, ed insegnò siccome
Apprende senno in sul morir chi vive
Senza cervello. Or se quaggiù ricchezza,
E nobiltà non son veraci scorte
Da condur l’uomo alla magion felice;
55Che rimane a seguir, salvo Virtude?
Virtute amabilissima donzella,

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Che per forza, o per froda altrui non ruba,
Che di laïdo amor non si riscalda,
Disposta a disprezzar l’arco di Morte;
60E cerviera così, che non s’abbaglia
Per folta nebbia, che le vegna incontro.