Sermoni (Chiabrera)/XVII
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XVII
AL SIG. AGOSTINO GRIMALDI.
Del viaggio superno delle stelle
Io non so nulla; e maledetta riga,
Ch’io leggessi giammai dell’Almagesto:
Ma se alcun move a domandar, che fia
5Fra gli uomini nel corso di cent’anni,
lo franco renderò salda risposta:
Fia quel che fu nel corso di cent’anni;
Vestiransi sull’alba, e colcheransi
In sulla sera e sederansi a mensa:
10Altri fa col dottor per suoi litigi;
Altri fiuterà l’orme dell’amica;
Il giuocator bestemmierà le zare;
Il soldato la pace; e finalmente
Speme e timore, ed allegrezza e doglia
15Agiterà ciascun, questo è sicuro;
E più sicuro che anderassi a morte.
Alta rocca non è dove non saglia
Morte importuna; e non è forte muro,
Ove non faccia il suo cannon la breccia:
20Ma se Grimaldi la tua mente è vaga,
Che io nel Parnaso ascenda, e di lassuso
Spieghi sentenze non volgari; ascolta:
Stassi in error, nè saggiamente pensa
Chiunque suol pensar, che altri non pensi.
25Per l’uomo l’innocenza è forte usbergo;
Furto, ed usura al fin divien compagna
Di povertade; traboccar non tema,
Quando altri la virtù prende per guida.
Chi far non usa al poverello oltraggio,
30Chi non spoglia il pupillo, e chi difende
La vedovetta, e chi non ama orgoglio,
Con esso lui t’aggiungi ed a lui Sida,
Che lettera miglior non ha Rïalto.