Sentenze pitagoriche
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SENTENZE PITAGORICHE
utilissime a bene e beato vivere
da leon battista raccolte e in parte imitate.
Leggetele e mandatele a memoria.
In prima onora Dio immortale. Come dispone la legge tua, e in questo e in ogni vita segui e reverisci gl’instituti della patria tua con parole e con fatti.
Gratifica a’ vicini; ama e’ congiunti; onora e’ maggiori. Degli altri fa che molti pregino la tua virtù, e fàtti amico chi sia più che gli altri virtuoso. Degli amici, chi meno gli cura, più ne ha bisogno. Dà di te modestia in gesti, mansuetudine in parole, utilitate in fatti, e acquisterai amici. Un piccolo errore de altrui non meriti che tu privi te stesso di cosa tanto rara, quanto è lo amico. Soffrisci adonque, e modera te stesso, persino che dove manca el potere, sia la necessità. Per fare una discordia, vi bisogna due. A perseverare in concordia, basta che uno de’ due sia savio.
La virtù, madre della felicità, tiene fra’ mortali luogo di Dio. Adorala. Non fare e non dire cosa non prima premeditata; e in ciò che tu fai o pensi, obbedisci alla ragione, e abbi reverenza a te stesso. E così né in palese, né in ascoso peccherai, e in vita raro ti pentirai. Sarà contro alla ragione metterti a dire o fare quello che tu non sai, o quello che poi non riesca in meglio. Detestabile morbo la ignoranza; fraudolentissimo inimico la voluttà; essecrabile furia la contenzione. Padre e Dio ottimo e massimo, aiutaci fuggirle e odiarle!
Il troppo volere perturba le cose publice, consuma le private. Colmo delle voglie, segue el curucciarsi: cenere dell’ira pentersi. Dio ama e’ buoni, e aiuta chi n’ha bisogno. Esci di casa alle faccende, e tanto spera da Dio quanto tu meriti. El tuo nollo dare sanza opportunità e misura, e nollo tenere per essere illiberale. Adùsati non aver bisogno se non di cose poche e facili. Misura del saziarti e dello essercizio sia che indi a te seguiti molestia niuna.
Fabula el volgo cose fitte e false; rompile tacendo; con opere buone fàlli bugiardi. Ma lungi quanto puoi, sempre fuggi la invidia. Ultimo remedio alle cose avverse, portarle sanza perturbazione. Vuole chi può sopra e’ mortali, che de’ beni caduci parte si possa usare, parte conservare, parte se ne perda. Delle ore concesse a chi vive, continuo si perdon quelle che tu non adoperi. Ieri passò, domani non ha certezza. Vivi tu adonque oggi. La morte, inevitabile termine a chi venne in vita, mai fu inutile a chi mal vive, e mai dannosa a chi visse bene.
Quello che perturba in prima si è la instabilità de’ propositi; e quanto più te avolgi, tanti più mali intoppi. Abbattersi al bene sta prontissimo a chi spera in Dio, e in bene adoperarsi. La sera, prima che tu ti posi a dormire, accogli ordinato qualunche cosa tu facesti o dicesti il dì: gli errori tuoi, gastigali; del bene fatto, rallégrati. Gratissimo sacrificio a Dio, dolersi del mal fatto e rallegrarsi delle opere buone.
Insomma, persino col ferro e col fuoco caccia e separa dal corpo la infermità, dal vivere la voluttà, dall’animo la ignoranza, dalla casa la discordia, dalla città la sedizione, da questo e da ogn’altra cosa la intemperanza.
Ultimo, stima certo dell’animo tuo ch’ello è cosa divina e immortale. Rileggimi.