Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/306

300 sentenze pitagoriche

Dio ama e’ buoni, e aiuta chi n’ha bisogno. Esci di casa alle faccende, e tanto spera da Dio quanto tu meriti. El tuo nollo dare sanza opportunità e misura, e nollo tenere per essere illiberale. Adùsati non aver bisogno se non di cose poche e facili. Misura del saziarti e dello essercizio sia che indi a te seguiti molestia niuna.

Fabula el volgo cose fitte e false; rompile tacendo; con opere buone fàlli bugiardi. Ma lungi quanto puoi, sempre fuggi la invidia. Ultimo remedio alle cose avverse, portarle sanza perturbazione. Vuole chi può sopra e’ mortali, che de’ beni caduci parte si possa usare, parte conservare, parte se ne perda. Delle ore concesse a chi vive, continuo si perdon quelle che tu non adoperi. Ieri passò, domani non ha certezza. Vivi tu adonque oggi. La morte, inevitabile termine a chi venne in vita, mai fu inutile a chi mal vive, e mai dannosa a chi visse bene.

Quello che perturba in prima si è la instabilità de’ propositi; e quanto più te avolgi, tanti più mali intoppi. Abbattersi al bene sta prontissimo a chi spera in Dio, e in bene adoperarsi. La sera, prima che tu ti posi a dormire, accogli ordinato qualunche cosa tu facesti o dicesti il dì: gli errori tuoi, gastigali; del bene fatto, rallégrati. Gratissimo sacrificio a Dio, dolersi del mal fatto e rallegrarsi delle opere buone.

Insomma, persino col ferro e col fuoco caccia e separa dal corpo la infermità, dal vivere la voluttà, dall’animo la ignoranza, dalla casa la discordia, dalla città la sedizione, da questo e da ogn’altra cosa la intemperanza.

Ultimo, stima certo dell’animo tuo ch’ello è cosa divina e immortale. Rileggimi.