Sentenza Tribunale penale di Perugia - Vicenda Federconsorzi/12
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12.1 - Di seguito il Commissario Piovano, sollecitato in tal senso dal commissario giudiziale Picardi, comunicò all’Avv. Casella l’accettazione dell’offerta alle condizioni stabilite dal Tribunale
Dal canto suo l’Avv. Casella segnalò con lettera del 30-3-1993 la necessità di addivenire ad un accordo “quadro” .
Il 27-4-1993 con rogito del notaio Mariconda di Roma fu costituita da coloro che avevano formato la cordata la società “S.G.R.-Società Gestione per il Realizzo- spa”, con capitale iniziale di dieci miliardi e destinata ad acquistare in blocco i beni di Federconsorzi.
La compagine sociale era costituita da:
Banco di Napoli, Banca di Roma, Banca Nazionale del Lavoro, Istituto San Paolo di Torino, Banca CARIMA, Credito Italiano, Banco di Sicilia, Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, Banca Popolare di Novara, Banca di Piacenza, Banca del Cimino, Banca Nazionale dell’Agricoltura, Banca Popolare di Cremona, Cassa di Risparmio di Fano, Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila, Banca Fideuram (che aveva incorporato la Banca Manusardi), Cassa di Risparmio di Firenze, Mediocredito di Roma, Istituto Federale di Credito Agrario per l’Italia Centrale, Banca Popolare di Verona, Sicilcassa. Cassa di Risparmio di Civitavecchia, Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, Banca Commerciale Italiana, Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania, New Holland Fiat, API.
Veniva nominato presidente il prof. Capaldo, mentre gli altri consiglieri di amministrazione costituivano espressione dei maggiori azionisti, salvo uno, individuato nel prof. Carbonetti, presidente di Banca Fideuram, inclusa nel gruppo degli azionisti minori. La partecipazione a SGR era aperta a tutti i creditori, ferma restando la necessità per gli aderenti di sottoscrivere altresì i patti parasociali predisposti dai soci fondatori.
Tra gli altri vi era l’obbligo di versare in proporzione alle quote di partecipazione la somma di venti miliardi di lire ai fini dell’aumento di capitale e di aprire a richiesta del consiglio di amministrazione, in proporzione alle rispettive quote, linee di credito per 400 miliardi.
In quel lasso di tempo con lettera del 3-5-1993 il dott. Piovano presentò le proprie dimissioni dall’incarico di commissario governativo.
Il nuovo Ministro dell’Agricoltura, on.le Diana, nominato proprio nella fase in cui a seguito di referendum abrogativo il Ministero era stato soppresso, conferì l’incarico all’avv. Stefano D’Ercole, insediatosi alla metà di maggio . Cominciarono di seguito i contatti per giungere alla stipula dell’atto “quadro”.
L’elaborazione delle clausole fu principalmente opera del notaio Mariconda.
==12.2== - Una bozza dell’atto fu poi sottoposta agli organi della procedura.
Il commissario giudiziale formulò un parere in data 19-7-1993. In esso si precisava che il contratto era stato concepito in modo da anticipare criteri e clausole dei futuri atti di trasferimento e che in particolare, pretendendosi da parte di S.G.R. che fosse garantita l’esistenza dei beni e il verum nomen dei crediti, si era preferito allargare l’ambito della cessione a tutte le attività esistenti alla data del 30-11-1991 in cambio della rinuncia alla garanzia riguardante l’esistenza dei crediti, alcuni dei quali contestati (nei rapporti con CAP e con Agrifactoring soprattutto).
Si chiariva che la detrazione per importi relativi a dismissioni effettuate e a crediti realizzati ammontava a 247 miliardi di lire, cui andavano aggiunte detrazioni per crediti ceduti a terzi prima del concordato e crediti estinti per compensazione, per un totale di 192 miliardi.
Rispetto all’iniziale configurazione della vendita in massa, l’estensione a tutte le attività esistenti comportava l’inclusione di partecipazioni non oggetto di stima, tra le quali quelle di SI.TO.CO., Fabbrica Interconsorziale Concimi ed Efibanca. Si chiariva altresì che nell’ultima stesura del contratto erano state incluse nel trasferimento anche le indennità di esproprio maturate prima del 30-11-1991.
Quanto alla detrazione delle spese generali, al commissario giudiziale appariva inadeguata la previsione di un contributo onnicomprensivo di soli due miliardi, dovendosi piuttosto aver riguardo al rapporto tra il valore dei beni alienati e il prezzo offerto, pari all’11,4 %.
Si precisava che le clausole sull’esodo incentivato e sull’assunzione di personale avrebbero comportato il risparmio di 6 miliardi fino alla fine del 1994.
Il previsto trasferimento degli oneri di gestione avrebbe inoltre comportato un risparmio di spese generali, considerando che negli ultimi 18 mesi queste erano ammontate per la gestione dell’attivo a 17 miliardi.
La riduzione dei tempi della procedura avrebbe inoltre comportato un risparmio di oltre 47 miliardi per il periodo successivo al gennaio 1995.
Alla stregua delle varie operazioni rese necessarie dagli accordi intercorsi il valore economico dell’operazione sarebbe dovuto considerarsi pari a circa 1.800 miliardi, oltre ai realizzi già effettuati per 247 miliardi.
Atteso l’importo delle detrazioni, la società cessionaria per la prima rata non avrebbe dovuto in teoria corrispondere nulla.
Ciò sarebbe risultato però inaccettabile, poiché avrebbe comportato il differimento di un anno del pagamento dei creditori privilegiati con particolare pregiudizio per alcune situazioni (conferenti all’ammasso e viticoltori).
Vi sarebbe stata la disponibilità di SGR ad anticipare la somma di 250 miliardi con spostamento del termine di pagamento delle parte restante della seconda rata.
Ma in questo caso l’operazione sarebbe andata a scapito dei creditori chirografari. Veniva segnalato il fatto che S.G.R. non aveva accettato di procedere all’acquisizione delle partecipazioni e si suggeriva che fosse prescritto non solo il diritto ma anche il dovere della cessionaria di farsi carico della gestione a partire dalla stipula del contratto.
In conclusione si chiariva che la percentuale spettante ai creditori chirografari sarebbe stata di gran lunga inferiore a quella ipotizzata al momento dell’omologa, ma in cambio vi sarebbe stato un risparmio di tempo valorizzato dalla certezza del prezzo.
12.3
- Il Tribunale, presieduto dal dott. Greco e composto dai giudici De Vitis e Severini, si espresse favorevolmente con decreto in data 20-7-1993.
Nel provvedimento venivano ribadite le valutazioni del 23-3-1993 e si sottolineava come la vendita in massa fatta in favore di una società di soli creditori, aperta all’adesione di tutti gli altri, si risolvesse in un vantaggio diretto o indiretto per il ceto creditorio, anche in considerazione della previsione dell’esodo incentivato dei lavoratori, dell’assunzione di varie unità di personale e del risparmio delle spese di gestione.
Oltre a ribadire alcune valutazioni formulate dal commissario giudiziale, il Tribunale sottolineava soprattutto il fattore della speditezza della procedura di esecuzione del concordato e ravvisava la necessità che le fasi di tale esecuzione fossero scandite secondo ritmi solleciti.
In tale ottica si demandava al giudice delegato di fissare i termini per i vari adempimenti.
Nel dispositivo, oltre ad autorizzarsi la stipula dell’atto quadro, già predisposto, nel termine di dieci giorni, si prevedeva che il trasferimento dovesse avvenire sollecitamente, a cominciare dalle partecipazioni societarie, e comunque nei termini fissati dal giudice delegato per l’esecuzione dell’accordo.
In data 27-7-1993 il Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste, On.le Diana, autorizzò il commissario governativo prof. Stefano D’Ercole a sottoscrivere in qualità di liquidatore l’atto quadro per la cessione a S.G.R. spa delle attività di Federconsorzi .