Sen riede a noi dalle remote sponde

Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Sen riede a noi dalle remote sponde Intestazione 28 luglio 2023 75% Da definire

La ghirlanda fiorita Se gir per l'aria voti
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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LXXII

Quando ne’ borghi di Lajazzo e nella Fenicia si fecero duecento ottanta schiavi, e si predarono trentuno pezzi d’artiglieria.

V

Sen riede a noi dalle remote sponde
     Della Fenicia Argiva,
     E di dove Neréo rinfrange l’onde
     Pur di Lajazzo all’arenosa riva,
     5Del nostro re la bella armata, e riede
     Carca d’alme perverse
     In ogni tempo avverse
     Allo splendor della Cristiana Fede;
     E reca bronzi, che temprar fa Marte
     10In più mortal fucina,
     Quando di membra lacerate e sparte
     Ingombrar le campagne egli destina.
Nè molto andrà che de’ metalli stessi
     Un fulminar feroce
     15Udranno in Asia, di spavento oppressi,
     Ed in Libia ogni porto ed ogni foce;
     Ma se brama il convito i vin spumanti,
     Dolcezza alma di cori,
     E se i guerrier sudori
     20Su Pindarica cetra amano i canti;
     Flora gentile, Arno reale, il plettro
     Oggi in man vi recate,
     E di quell’arpa non men sparsa d’elettro,
     Di che si ricchi e si superbi andate.
25Che direm not? l’umane cose in terra
     Il caso le governa?
     Bestemmia: i cieli, e ciò che in lor si serra,
     Regge il saper della Possanza eterna;
     Quinci apparvero qui spiriti accesi
     30Verso i buon Citaristi,
     Onde i miglior fur visti
     Farsi il Parnaso lor questi paesi.
     A ragione in Val d’Arno e paschi e nidi
     Godono i Cigni egregi,
     35Poichè han da sollevar musici gridi,
     Lodando i Duci, e di Firenze i Regi.
Non conterò la cantatrice schiera,
     Nè pur dironne il nome;
     Chè pria l’arene, e pria per primavera
     40Potrei d’un bosco numerar le chiome:
     Ben afferm’io che sì gentil famiglia
     È de’ regni ornamento;
     E che al Febeo concento
     L’Aquila su nel ciel china le ciglia;
     45E sì dal sonno vinta abbassa l’ali,
     Che pur quegli abbandona,
     Onde è ministra, fulmini immortali,
     Perchè Giove quaggiù spesso non tuona.
Che più? le Parche, ove la bella Clio
     50Tempra l’Aonia cetra,
     I puri velli han di filar desío,
     E lungo stame nostra vita impetra;
     E Lete al suono dell’amabil arco
     Tranquilla i gorghi suoi,
     55Tal ch’indi i sommi eroi
     Ne’ golfi dell’obblío trovano il varco,
     Almo tragitto! e fan soggiorno al fine,
     Scorti dalla virtute,
     Infra le stelle d’or, magion divine,
     60Ove trombe per lor mai non son mute.
O quaggiù fra’ mortali alma diletta,
     Pregio de’ tuoi sublime,
     Gran Ferdinando, colassù t’aspetta
     Seggio ben scelto infra le sedie prime.
     65In tanto vivi lungamente, e godi;
     Tu di virtute altero,
     Tu singolar d’Impero
     Italia non avrai scarsa di lodi.
     Io certamente, o re, via più che d’oro,
     70Bramoso di tua gloria,
     Nudrirò di Parnaso un verde alloro,
     Per sempre coronar la tua memoria.