Secondimi bel vento
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LXXVI
IX
Secondimi bel vento,
Or che a’ lidi lontani
Tra’ golfi Caramani
L’ardita prora io giro.
5È ver l’alto lamento
Su l’estrane contrade?
E le Toscane spade
Alto colà feriro?
Memorabile ardir! non sbigottiro
10Dell’Ottomano Impero,
Ove correr dovean tanto sentiero?
Ma per ogni tragitto
Tra’ più fieri disdegni
Potran sì nobil legni
15Schernire ogni periglio,
Posciachè, Cosmo invitto,
Lor disleghi le sarte,
E nei campi di Marte
Sen van col tuo consiglio;
20Tu da buon segno non rivolgi il ciglio,
Nè tenti impresa, dove
Contra indegni ladron non sian tue prove.
Per qual Egéo profondo
Dunque non fian securi,
25Se tu con lor procuri
Sol del gran Dio l’onore?
Dio pose in stato il mondo,
Ei la terra corregge;
Ed egli anco dà legge
30Del mare al fier furore:
Noto è per sè; pure allegriamo il core
Con alta rimembranza,
Certo argomento d’immortal possanza.
Chi potrà non stupire,
35Sul pelago Eritreo
Allor che ’l vulgo Ebreo
Mirabil varco aperse?
Seppe, strano ad udire!
Seppe il fondo asciugarsi,
40E pur quasi arginarsi
Per Israel sofferse;
Ma l’empie torme a lui seguir converse
Nell’onda appena entraro,
Che tutte disperando il piè fermaro.
45Ove troppo orgoglioso
Ebbe l’Egitto in grembo,
Fiero ed orrido nembo
Quell’oceán trascorse;
Rimbombante spumoso
50Tra’ gorghi intenebrati
Di Menfi i duci armati,
E Faraone assorse.
Qual tuono allor d’alte querele sorse?
Altri grida, altri geme;
55Al fin tutti sommerge il mar che freme
Sull’Arabiche arene
Lieto Israel sel mira,
E l’opra eccelsa ammira,
Ed a cantarne prende.
60Così tra’ rischi e pene
E tra’ villani oltraggi
Fa lieto aspri vïaggi
Chi Dio scôrge e difende.
Saettator d’inferno arco non tende,
65Che a piagar sia possente,
Se la forza del Ciel non gliel consente.
Quinci in lieta ventura
Vêr li campi marini
Fur del gran Cosmo i pini
70Alle Cilicie foci;
E d’Agriman le mura
Posero in ampio ardore,
Ed alte poppe e prore
Soggiogaro a lor voci;
75All’apparir delle parpuree Croci
Gittaro a terra i brandi
Le colà più stimate anime grandi.
Certo per l’Orïente
Durerà fresco il pianto;
80Nè di sì nobil vanto
Trïonferà l’obblio:
L’esterrefatta gente,
Che in Agriman fa nido,
Alza funereo grido
85Sul duolo acerbo e rio;
Ed a’ suoi parla: Omai s’altri ha desio
Salvarsi il patrio tetto,
Di vile sonno non ingombri il petto.
Con navi sì spalmate
90Eolo che avverso spiri,
O Nettun che s’adiri,
In van per noi contrasta;
E d’ampie torri armate
È vana ogni difesa
95Là dove fa contesa
Spada Toscana ed asta.
Ob quale a noi di pianto, oh qual sovrasta
Nembo d’aspre querele
Sposti al furor dell’invincibil vele!
100Fallace uman conforto,
Fallace; ahi lassi, quando
Cadde il gran Ferdinando1,
Liete fur nostre ciglia;
Ed ecco oggi è risorto,
105Di cui vera virtute
Sul fior di gioventate
A più temer consiglia.
Arno a’ secoli nostri arma famiglia,
Per cui dall’Asia un volo
110Prende letizia, e l’abbandona in duolo.
Note
- ↑ Ferdinando I, padre di Cosmo II, morì nel 1608.