Se di bella, che in Pindo alberga, Musa
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VIII
AL SIG. LUCIANO BORZONE
PITTORE.
Se di bella, che in Pindo alberga, Musa,
Caro Borzon, non è preghiera invano,
Oggi i pennelli tuoi récati in mano,
E vieni ad adornar mia Siracusa:
5Qui, se vuoi, d’Aretusa
Nel mar fa correr l’onda,
Novello duol d’Alfeo,
O volgi Dafne in fronda
Lungo esso il bel Peneo.
10Forse vorrai, che l’Agenorea prole
Lasci sul Toro la paterna ghiaja:
Sia ciò che vuoi, che con le suore Aglaja
Da’ tuoi colori unqua partir non vuole:
Ma se pur come suole,
15Non sdegna il tuo desire
D’appagarmi a quest’ora,
Dipingi l’apparire
Della celeste Aurora.
Per le piagge del ciel con man rosata
20Vibri face a scacciar l’ombra notturna;
E cinta di rubin la fronte eburna
Spieghi le chiome d’ôr crocaddobbata,
Succinta, e coturnata
Per entro aër sereno
25Leggiadra ella sen vada;
E sul verde terreno
Versi fresca rugiada.
In mirar l’ammirabile bellezza
Rasserenisi il volto all’Universo;
30Sol di tepidi pianti il petto asperso
S’attristi di Titon l’egra vecchiezza:
La bella Diva, avvezza
Andar col Sole a volo,
Fa l’eterno viaggio:
35Titon, che riman solo,
Il si reca ad oltraggio.
Quinci mal fortunato or s’empie d’ira,
Quasi in amando egli s’affligga a torto;
Ora sul disparir del suo conforto,
40Dal profondo dell’alma alto sospira:
Ma pur mai sempre mira,
Quanto il guardo è possente,
Lei, che sen va veloce;
Alla per fin dolente
45Piangendo alza la voce:
Questa rugosa guancia impallidita,
Ben me n’accorgo, e questo crin di neve
Fammiti così pronta, e così lieve,
Amatissima Aurora, alla partita:
50Ah sciocchezza infinita
Di qualunque sia core,
E follía non parecchia,
Pianger perchè si more,
E non perchè s’invecchia!