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13.
Il significato morale del XX Settembre.


Impossessandosi di Roma il XX Settembre 1870, la risorta Italia pose fine all’ultimo resto di quel medioevo la cui storia si compendia nel fatto del potere politico, diretto o indiretto, dei papi, in servizio e in difesa forzata del dogma, contro ogni velleità di uso libero della ragione.

Ma questa, dopo tutto, quantunque atrocemente impedita, potè pure farsi valere, e via via sempre più largamente, e sì da prevalere in ultimo universalmente; verificandosi così che la forza bruta è impotente contro i diritti imperscrivibili di essa.

Ma neanche contro la superstizione tradizionale questa forza bruta per sè è valevole; necessitando, invece, a dissiparne dalle coscienze ignare le ombre esiziali, la luce irresistibilmente efficace della scienza illuminatrice delle menti.

E a questa è da ricorrere per farne cessare le rimanenze ancora troppo estese, astenendosi dalle violenze, che, e non è giusto ed opportuno adoperare, e, producendo [p. 228 modifica]la reazione del sentimento personale, che se ne sente offeso, fanno l’effetto contrario. Come fu il martirio a creare la scienza, così è il martirio a rinforzare la fede.

Il libero pensatore, veramente tale, nella serenità della sua salda e incrollabile convinzione, tranquillo, con assoluta amorosa tolleranza, guarda l’illuso della superstizione con un senso pietoso, e non se ne sente offeso, come chi della libertà di pensiero fa una bandiera di partito, abbracciata, molte volte, per ragioni puramente passionali, e non logiche definitive, e quindi ancora col dubbio affannoso di poter essere sopraffatto una qualche volta di nuovo dalla persistenza delle avite, non del tutto nel fondo dell’animo, sradicate credenze.

(Il Parmenide, Copersito, ottobre 1908).