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I programmi e l’ordine dell’insegnamento.


Nella Circolare 10 luglio 1892 del Ministro Martini, tanto e meritamente lodata, è notevole in ispecial modo il tratto che qui trascrivo:

«Il docente costretto ad affrettarsi alla meta per una via indicatagli, e con passo costante, non può concedere a sè e agli alunni le soste che rinfrancano e rinvigoriscono. A che servono Programmi siffatti? A [p. 211 modifica]guarentire contro la possibile incuria o l’insufficiente dottrina degli insegnanti? Ma il Governo non ha da proseguire di continui sospetti le attitudini e la diligenza loro. Può sorvegliare, giudicare, provvedere in molte guise. Io pertanto intendo, fin dove lo consentano le necessità didattiche e disciplinari, concedere loro in questo proposito la maggiore larghezza. Assegnati precisi limiti all’insegnamento di ogni disciplina, entro i confini tracciati l’insegnante possa muoversi con saggia libertà, possa secondo il proprio criterio e le speciali condizioni scegliere egli stesso i modi migliori a raggiungere il fine dell’opera propria: il quale non è già di infarcire di indigeste nozioni l’intelletto dei giovani, bensì di disporli a maggiore dottrina e di suscitare negli animi l’amore allo studio e il desiderio della cultura».

Ora io crederei non inutile di soggiungere qui, a modo di chiosa, qualcheduna di quelle avvertenze pedagogiche, le quali giustificano e possono illustrare il dettato del Ministro, massime nei punti segnati colla trascrizione in corsivo.

Un programma d’insegnamento di solito è come l’Indice di un Trattato, riportante gli argomenti, che si seguono in esso, senza distinzione di essenziali, di secondarj, di accessorj, di complementari. E in generale l’insegnamento è condotto — con passo costante — precisamente secondo l’ordine tacciato nel Programma. Anzi moltissime volte ciò è anche rigorosamente prescritto; e so di scuole, nelle quali il Direttore va a constatare, se la tal settimana l’insegnante è arrivato e dà opera al punto del Programma assegnato alla settimana medesima. E il peggio si è quando succede (e succede spessissimo), che l’insegnante, non essendo ben padrone della materia, e dovendosi ajutare col testo, procede seguendolo di pagina in pagina: talvolta perfino facendolo solo leggere prima a scuola ed esigendo poi che siano le cose lette imparate così a memoria a casa. [p. 212 modifica]Un procedere come questo è capitalmente errato e pregiudizievole. Non tutte le parti di una disciplina sono egualmente importanti e la cura degli accessorj fa perdere di mira l’essenziale. Volendo che si impari tutto allo stesso modo, gli scolari sono aggravati eccessivamente, e coll’effetto che apprendano male e affatto precariamente, e che dimentichino poi del tutto dopo poco tempo ciò che con fatica improba cacciarono in mente in qualche modo per rispondere comecchessia all’esame. Accade talvolta che, se va a visitare una scuola per una data materia uno specialista, egli noti con sua maraviglia e disgusto, che gli scolari sanno particolarità inconcludenti, che egli o ignora o ha trascurato, mentre poi o non ricordano o non hanno capito punto l’essenziale, ossia ciò che importa soprattutto.

Il Programma dell’insegnamento deve — assegnarne i limiti precisi — ; ma poi ha da essere fatto o almeno inteso in questo modo, che vi prevalgano i capisaldi della disciplina relativa; che a questi, più e prima che a tutto il testo, si applichi l’attenzione e lo studio; e tanto quanto occorre perchè diventino una vera spontaneità indimenticabile della mente. Sicchè a questi si dedichi tutto il tempo necessario all’uopo, e agli accessorj solo se ne resta, senza impensierirsi troppo che ne rimangono alcuni indietro, o non siano stati perfettamente appresi. Poco male in questo. Chi non ha appreso bene e non ricorda perfettamente i principj fondamentali di una disciplina, scaricatosene coll’esame, l’abbandona per sempre, non restandogliene che un ricordo penoso. Chi s’è impadronito dei principj fondamentali, se ne compiace, ama la disciplina, che sente di avere in pugno, e supplisce da sè col tempo alle particolarità, che prima non ha potuto apprendere e ritenere; insomma, come dice il Ministro — è disposto a maggiore dottrina e si sente nell'animo l'amore allo studio e il desiderio della cultura.

Le stesse cose essenziali poi, se, come dicemmo, devono essere ammanite in modo, che diventino vere [p. 213 modifica]spontaneità indimenticabili della mente e come appoggi stabili per tutta la cultura avvenire, hanno però da essere insegnate solo secondo la possibilità che abbiano gli scolari per apprenderle. Dice bene il Ministro che l’Insegnante ― scelga egli stesso i modi migliori a raggiungere il fine dell'opera propria. — Non occorre e non è possibile, che le idee cardinali di una disciplina siano intese e apprese subito nella pienezza della loro dimostrazione scientifica. E sono male avveduti e da rimproverarsi quegli insegnanti, che vogliono fare sfoggio di alta scienza fuori di proposito. Le dette idee cardinali possono essere indicate utilmente anche facendolo imperfettamente, o con anticipazione dogmatica, o con illustrazioni empiriche, preparando così la mente a comprenderle via via più a fondo e interamente in seguito. E ciò massimamente ritornando nelle classi successive sulle idee medesime.

A proposito di che non è da dimenticare un principio essenzialissimo della Pedagogia. E cioè, che la serie delle discipline da insegnare nel corso degli studj non deve mica seguirsi come la serie delle classi. Guai se così si facesse! Non si farebbe procedere l’insegnamento a tenore dello sviluppo dell’intelligenza. La stessa disciplina, insegnata in un corso inferiore, deve riprendersi in uno superiore, e di nuovo ancora se occorre in un altro. Solo che nell’infimo se ne deve presentare soltanto l’orditura generale, e nei superiori, tornandovi su di nuovo, lo si deve fare più largamente, e con maggiore ricchezza di particolari, e allora anche i principj generali anteriormente appresi, e di nuovo riassunti, devono esporsi più pienamente. Il che riesce facile, perchè l’alunno ne ha già una qualche conoscenza e con ciò la sua attenzione è più libera di applicarsi al nuovo, che si aggiunge, e perchè la mente dell’alunno si è rafforzata coll’età ed ha potuto anche venire in possesso delle cognizioni più larghe necessarie all’uopo.

Ma qui non è tutto. Le stesse particolarità da [p. 214 modifica]aggiungersi in qualche maniera alle idee essenziali nel corso dell’anno, non devono essere soggiunte a questo immediatamente, sicchè non possa procedersi a un nuovo punto principale se non si sono esaurite prima le particolarità appartenenti al precedente. No. Sarebbe come se l’architetto, che fa eseguire una casa, volesse che, fatte le muraglie fino al primo piano, prima di mettersi a continuarle pel secondo, si intonacassero le stanze sotto e si imbiancassero, e si dipingessero, e si mettessero le finestre e le porte, e si ammobigliassero e via dicendo: che sarebbe una vera stoltezza.

Il Ministro dice che — l’Insegnante possa muoversi con saggia libertà — . Nello stesso anno il corso deve essere fatto più volte da capo, ma sempre più largamente ogni volta. L’insegnante esponga prima il quadro generale della disciplina da studiarsi, ossia i punti essenziali di essa; faccia insomma come il disegnatore, che, proponendosi di fare un quadro, prima mette giù pochi tratti onde resta abbozzato informemente. E come il pittore torna poi di nuovo sulla sua tavola aggiungendo prima alcune specialità più importanti intorno ai tratti segnati, e poi nuovo ancora con particolari più minuti intorno a ciascuna specialità, e finalmente ripassa ancora tutto per finire l’opera, così faccia il maestro: riprenda il suo insieme più volte, arricchendolo sempre più ad ogni nuova ripresa.

E non basta ancora. L’insegnante si assicuri che gli scolari tutti abbiano veramente appreso e ricordino bene i punti fondamentali. E per ottenere questo torni sopra di essi quante volte occorre, sospendendo di procedere innanzi, se è necessario, e, come dice il Ministro — concedendo agli alunni le soste che rinfrancano e invigoriscono. —

Così si otterrà lo scopo vero dell’insegnamento comune fondamentale, che è quello delle abitudini mentali, che preparano ed abilitano alla cultura superiore, come l’abitudine del camminare in genere prepara alle abilità speciali della corsa, del salto, della danza e via discorrendo. [p. 215 modifica]E intesa così l’applicazione dei Programmi non sarà punto difficile al Governo — di giudicare - dell’opera degli Insegnanti. Quelli che sono deputati a ciò, facendo un esame degli alunni di una scuola, non piglieranno a caso un numero qualunque del Programma, magari estratto a sorte, per sentire se lo scolaro sa subito a mente la risposta relativa. Uno può rispondere, ed essere affatto insufficiente nella materia in generale; un altro può non rispondere ed esservi invece meglio preparato. L’esaminatore deve stare attento, se la scolaresca si è impadronita ed è franca nelle cose essenziali, e in questo essere rigorosissimo; e quanto alle particolarità deve considerarle solo come un perfezionamento, lodevole sì, ma non necessario.

(Dal periodico Il nuovo Educatore, Roma, 6 ottobre 1892).