«La nostra parola»

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VI VIII

Berlino, settembre 1921

I RACCONTI DI BELKIN

I racconti di Belkin. Ecco un titolo che non ci dà nessuna spiegazione di quello che si trova nel libro che ha questo nome. Infatti Alessandro Pŭshkin, il grande poeta russo, che ne è l'autore, non li ha nemmeno editi col proprio nome, si è mascherato sotto lo pseudonimo sconosciuto di Belkin.

Eppure basta aprirli...

I racconti sono cinque: cinque gioielli.

Basti una prova: se se ne incomincia uno, bisogna finirlo assolutamente, tanto ci avvince.

Ma non soltanto da questo lato essi sono interessanti, ma anche sono giovani, vivi, che pare proprio che siano stati scritti ora.

Mai s'immaginerebbe che alcuni degli eroi hanno tanto di parrucca col codino...

L'azione si svolge a quadri, che A. Pŭshkin ci fa veramente vivere. Sul più bello, inaspettata la soluzione di affari a volte intricatissimi, e che è poi tanto naturale, che si pensa: «Perché non avevo indovinato che doveva andare a finire così?». Ma è l'autore che ci nasconde la conclusione, sapientemente, fino all'ultimo.

Molta ironia, anche. Essa è sparsa un po' dappertutto, ma specialmente nell'ultimo racconto: «La Signorina-Contadina» ove il tipo di un signore anglomane fino alla punta dei capelli, che s'indebita perfino per la sua passione, è reso magistralmente bene.

Ed anche dipinge i costumi, i caratteri, questo libro. Con non molti tratti noi vediamo dinanzi a noi degli uomini, ma dei veri uomini, non dei burattini da rappresentazione.

Così, ad esempio, nella «Rivoltellata» e nel «Controllore».

Ma anche un racconto strano vi è: «Il Becchino». Lì lo scrittore prende bellamente in giro coloro che hanno paura. Egli ci porta ad una riunione, in casa di un becchino, niente di meno che di... morti... L'uomo è terrorizzato, e solamente al mattino si accorge che tutto non era che un sogno...

In un altro racconto, invece, «La Tormenta», Pŭshkin ci racconta per un pezzo di due giovani che si amavano, ma non potevano sposarsi, ci porta in mezzo alle loro avventure, e poi una combinazione ci dà la fine, inaspettatissima ed originale, che nessuno avrebbe mai pensato prima potesse essere così.

E si resta lì, stupiti, quasi a bocca aperta...

Leone Ginzburg