Scritti editi e postumi/Manoscritto di un prigioniero/Capitolo VIII

Manoscritto di un prigioniero - Capitolo VIII

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CAPITOLO VIII.


Il pover’uomo non ha potuto profferire una parola, e si è rincacciato nel cuore tutte le sue passioni come altrettante spine. Credeva di dir tutto col volto, ma un soprastante, fosse dotto ancora nelle lingue orientali, – fosse pure un Mezzofanti, – non sa leggere la sventura, o se la legge non le sa rispondere. Il soprastante non ha letto l’immenso volume di affetti, che spiegava la tramutata faccia del carcerato; – o se l’ha letto, per tutta risposta gli fa sentire il cigolio delle chiavi, e dei catenacci. [p. 41 modifica]

Il soprastante è partito.

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E tu pover’uomo, sei rimasto impietrito, soverchiato dalla foga delle tue passioni. Il peggio è, che non puoi piangere ancora; ma piangerai più tardi, – non può mancare. – Una lagrima fu data alla gioia, una lacrima alla sciagura; – la prima rinfresca, l’altra arde come la lava. – Piangerai più tardi, e il tuo pianto sarà bello, perchè non sarà tutto per te; – piangerai pei tuoi figli, per la madre se l’hai, forse per un amore, forse ancora per una patria.

E perchè vi stringete nelle spalle, come se il cuore del povero non potesse palpitare per un nobile affetto, come se l’intelligenza del povero non potesse valicare le regioni concedute alla mente umana? Sapete voi cosa racchiuda quel cranio? Quando meno vel pensate, potreste rinvenirvi gli elementi da farne un Michelangiolo, un Byron, un Bolivar. Conoscete voi la vita degli uomini grandi di tutti i tempi, e di tutte le nazioni? Plauto era schiavo, e girava il molino, – ma la sua Musa fu salutata da un popolo di eroi. E quando una povera donna alla sera cantava le sue canzoni di madre a un povero bambino, e sospirava guardandolo, e pensava che un giorno forse non avrebbe un cognome, – sarebbe un mendicante, – al più un lavoratore della campagna, avrebbe creduto mai di cullare Shakspear, Rousseau, Franklin, di cullare il Correggio, e Masaniello? avrebbe creduto mai, che da quel verme un dì sarebbe sorta la farfalla destinata a libare fiori immortali nei campi della Gloria e della Bellezza? – L’organismo umano rompe le leggi della gerarchia sociale, – e quando l’Occasione batte sul vivo un [p. 42 modifica]popolo, allora si scorge quale delle classi possa dar più scintille. Allora la storia non è più confinata in un gabinetto a sommare le partite di frodi, che la diplomazia ha segnato nei numerosi suoi protocolli; non è più stipendiata a descrivere una guerra puerilmente sanguinosa, ove non si vedono in cozzo che due bastoni di maresciallo. La storia si slancia da quelle angustie, e la superficie nel mondo è la sua pagina, ed ogni linea che v’incide è un tratto di luce; – allora la Rivoluzione Francese sorge come un’epopea magnifica, immensa; sorge Mina e l’Indipendenza Spagnuola; sorge la lotta titanica della Grecia moderna. Oh! gli ultimi eroi della Grecia non erano cavalieri dello spron d’oro!

Sì, pover’uomo; il tuo cuore può gemere per me, per la patria, e per te. Dacchè non posso sollevare le tue miserie, e quelle dei tuoi tanti fratelli, io non voglio toglierti un cuore, che forse avrai più buono e più generoso del mio. Io non voglio toglierti quello che non posso darti.

Certo, se tu fossi solo nel mondo, come alcuni sono, non so se per questo più o meno miseri di noi, a quest’ora avresti già preso il tuo partito; – avresti mostrato fronte ferma alla cattiva fortuna; – avresti cantato non so quante canzoni; perchè il povero in mezzo agli stenti e alla sua nudità, quando ha il cuore franco, canta del continuo, – canta allegramente come un uccello, che si alimenta di quel che trova, e muta nido ogni sera.

Ma tu non sei solo; – e sei rimasto immobile, come tocco dalla folgore. Ora perchè guardi le muraglie? perchè crolli mestamente la testa? – Tu hai ragione; – non hai che due mani, e non son buone a fare una breccia; – tu guardi l’inferriata, ma è [p. 43 modifica]doppia, e ci vuole una scala a salirvi; – tu guardi la porta, ma è grossa, e foderata di ferro, e sigillata in maniera, che non dà l’adito neppure a un sospiro. Oh! il tuo sospiro non penetra di là nel mondo; e il mondo già non l’udrebbe, o penserebbe che fosse aria traverso uno spiraglio. E poi, cosa farebbe il mondo del tuo sospiro? Il mondo vuol godere, e chiama breve la vita, breve tanto, che mala pena dà tempo di pensare a sè. E poi, il mondo non ha inventato le carceri, le torture, i patiboli, non ha inventato mille delitti, che la Natura umana non riconosce? – Requiem æternam. – Ti hanno deposto in un sepolcro, e non sei ancor morto; – t’hanno deposto in un sepolcro, senza lumi e senza canti, come il suicida. E il mondo spensieratamente ti si agita dintorno col suo dramma pieno di rumore e di vita.

O pover’uomo! potessi tu almeno dormire, potessi almeno posare su quella tavola le tue membra stanche, accasciate da tanti affanni! Ma il dolore non dorme mai; – veglia inesorabilmente, veglia come un marito geloso, perchè il mondo è suo, perchè addormentandosi teme di allentare gli artigli, teme che la preda gli fugga.