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Lettere - Lettera XV

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XV.


Caro A.***

2. ― La lettera per M.*** mi è venuta più lunga di quel che volevo. L’ho scritta nella furia del cuore, e ho tutta la massa del sangue alla testa. Leggila, e mandala se credi; o se no, riducila a più giuste proporzioni. Io non spero nulla di buono, e vado convinto, che la faccenda finirà coll’esser trattata costituzionalmente. Piango lacrime di sangue per il povero M.***, e non credevo che la Fortuna volesse serbarlo a strazi così disonesti. Siccome il fatto mi sembra grave, e tale da passare fra i documenti della Storia contemporanea, così gradirei, che della Lettera ne fosse fatta una copia, per mostrare al mondo occorrendo, che non tutti furono codardi, e brutali, e che se afflitti dalla povertà non poterono aiutare l’amico infelice, dissero almeno una parola franca e generosa. Dura questo poco di fatica per amor mio; chè io non ne posso più. Amami. Addio.

Carlo.