Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799/Frammenti di lettere dirette a Vincenzio Russo/Frammento V

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Frammenti di lettere dirette a Vincenzio Russo - Frammento IV Frammenti di lettere dirette a Vincenzio Russo - Frammento VI

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FRAMMENTO V

EFORATO


L’istituzione dell’eforato è la parte piú bella del progetto di Pagano. Questa parte, questo senato conservatore della sovranitá del popolo, manca assolutamente nella costituzione del 1795; e tu ben sai quanto fu facile al Direttorio, specialmente nella fatale giornata dei 18 fruttidoro, distruggerla. Un magistrato che vegli alla guardia della costituzione, che senza avere veruno dei poteri osservi la condotta di tutti, è tanto piú necessario nell’attuale stato dei popoli di Europa, quanto piú facili si sono rese le usurpazioni del potere esecutivo col sistema delle milizie permanenti, che rendono la piccola parte di una nazione piú forte della grande. Né a questo male si ripara col sistema delle milizie nazionali, che rappresentano, ma sempre invano, la forma della nazione; né altro rimedio io saprei immaginare.

Ma, quando Pagano restringe le sessioni dell’eforato a quindici giorni dell’anno, non si avvede egli che in tal modo gli efori non potranno occuparsi se non delle usurpazioni violente e romorose, che son sempre poche e dalle quali vi è sempre poco da temere? Io temo le piccole usurpazioni giornaliere, fatte per lo piú sotto apparenza di bene, che o non si avvertono o non si curano, e talora anche si applaudiscono, finché l’abuso diventa costume, e si conosce il male solo quando, divenuto [p. 256 modifica]gigante, insulta i tardi ed inutili rimedi. Non mai un usurpatore, che abbia del senno, vorrá incominciare dalle grandi usurpazioni.

Non si avvede Pagano che, facendo rimaner gli efori in carica un anno solo, mentre tutti gli altri magistrati durano piú di un anno, essi dovrebbero essere o al sommo virtuosi o al sommo stupidi, per misurarsi con coloro, i quali un momento dopo potrebbero ben vendicarsi di un uomo che la legge condanna a rimaner nella condizione di privato? Qual filosofia è mai quella, che mette sempre in contrasto la volontá con la legge e la virtú coll’interesse?

Pagano teme che tal magistratura non diventi troppo potente. Rousseau credeva che essa non fosse mai debole abbastanza. Si rammentano gli esempi di Roma e di Sparta, rovesciate dai tribuni e dagli efori; ma si obblia che questi tribuni e questi efori sostennero Sparta e Roma per cinque secoli. E quale è mai quella tra le istituzioni umane che possa lusingarsi di essere eterna?

Abbastanza si frena il potere degli efori accrescendone il numero, e Pagano saggiamente ha provvisto che essi sien tanti quanti sono i dipartimenti della repubblica, e che si risolvino gli affari, se non ad uniformitá di voti, almeno ad una pluralitá maggiore di due terzi.

L’eforato si è temuto piú del dovere, da che se gli è dato maggior potere di quello che gli spetta. Gli efori, si dice, debbono invigilare sulla condotta, debbono impedire le usurpazioni di tutt’i poteri. Di tutti? Ma intanto uno dei poteri non usurpa mai nulla, poiché, anche togliendo agli altri poteri, non fa che ritogliere ciò che egli stesso ha donato. In faccia al potere legislativo, in faccia al sovrano, non ci vogliono efori, perché la sovranitá è inalienabile. Il tribuno di Roma si opponeva al senato; ma, subito che il popolo avea risoluto, il tribuno taceva. I tribuni non corruppero la repubblica romana confondendo i poteri, ma bensí corrompendo sovente a perniciosi partiti il popolo, il quale, senza usurpare il potere di nessuno, abusò del suo. Ma questo pericolo diverrebbe molto minore in faccia ad [p. 257 modifica]un’assemblea di persone sagge, che non s’illude e non si strascina cosí facilmente come un popolo, sempre mobile e sempre capriccioso.

L’opinione di dare all’eforato il diritto d’invigilare sul potere legislativo è nata da che la sovranitá non è piú nel popolo, ma nei rappresentanti del popolo: se il popolo non può essere usurpatore, possono ben esserlo i suoi procuratori, i quali potrebbero usurparsi quelle facoltá che il popolo non abbia loro concedute. Ma io domando allora: ove è la sovranitá? Il popolo non l’ha piú, perché l’ha trasferita ne’ suoi rappresentanti; i rappresentanti non l’hanno, perché la sovranitá è indivisibile, ed essi sono soggetti agli efori. Chi dunque sará il sovrano? O saranno gli efori, e cosí cadde la nazione spartana; o non vi sará sovrano, e cosí cadono tutte le nazioni.

Organizzate la sovranitá in un modo che sia quello che la Francia scelse nel 1795, ma che sia quello che conviene alla nazione napolitana; ed il popolo allora, sempre vegliante sui suoi interessi e non mai riunito in assemblee tumultuose, non potrá essere né spogliato dai suoi rappresentanti né sedotto dai suoi tribuni. Allora gli efori ritornerebbero alla loro primiera istituzione, piú sublime e nel tempo istesso meno pericolosa di quella che loro si vuol dare. Allora diventerebbero i custodi della sovranitá del popolo, senza poterne mai impedire o attraversare l’esercizio; allora, invece di correggere le usurpazioni, il che non va mai scompagnato da violenza, potrebbero prevenirle.

Tra tutte le varie istituzioni di eforato, quella che mi pare poter meglio convenire ad una costituzione rappresentativa, è l’istituzione degli avvogadori della repubblica di Venezia. Contarini li definisce molto bene, allorché dice che essi sono i tribuni di Venezia, ma tribuni della legge: quelli di Roma erano tribuni del popolo. Ma ad ogni modo però non vorrei imitare una tale istituzione senza cangiarne talune parti, che i veneziani istessi, in altri tempi ed in altre circostanze, avrebbero anche essi cangiate...

— Come dunque faresti? Quali sarebbero le facoltá che tu daresti agli efori tuoi? — Poiché tu vuoi saperlo, io te lo dirò. [p. 258 modifica]

1. L’eforato dovrebbe riconoscere la legalitá di tutt’i parlamenti municipali. Il modo da tenersi si è giá detto: è lungo tempo da che io ti ho parlato delle funzioni degli efori, senz’averti mai parlato dell’eforato.

2. Riconoscere la legalitá dei parlamenti cantonali, e dirigere l’elezioni che in essi si farebbero. Nella costituzione francese l’elezioni sono in balía del potere esecutivo, e tu ben sai quanti abusi quindi ne sono nati. La costituzione inglese è per questo riguardo piú libera della francese. Fa meraviglia come Pagano non abbia osservato un tale errore e non abbia affidata l’elezione delle assemblee elettorali ad un magistrato, il quale, non avendo verun’altra influenza politica, non fosse tentato ad una per lui inutile prevaricazione.

3. Riconoscere la cittadinanza, da chiunque fosse stata data. Perché questo? Perché, essendo la cittadinanza parte della sovranitá, deve esser affidata a quello stesso magistrato cui la custodia della sovranitá è commessa.

A questo proposito ti dirò che io trovo stranissimo che il diritto di accordar la cittadinanza sia affidato all’assemblea dei rappresentanti anziché alle municipalitá ed al governo, come pratica vasi in tutte le repubbliche antiche ed anche nell’ abolita nostra costituzione. Io lo ripeto: temo molto che il popolo napolitano, per voler seguire le istituzioni degli altri popoli, invece di guadagnare, vi perda. Non amo quella cittadinanza chimerica, per cui un uomo appartiene ad una nazione intera, mentre non appartiene a veruna sua parte: vorrei che ogni uomo, prima di avere una nazione, avesse una patria. Quando una popolazione in un modo solenne avrá detto ad un uomo: — Rimanti tra noi; tu sei degno di esser nostro, — allora egli si presenterá all’eforato, per mezzo del quale fará sapere alla nazione intera che egli è cittadino e che ha giá una patria.

4. Riconoscere nel tempo istesso la capacitá legale di tutti gli altri funzionari pubblici, talché nessuno possa mettersi in esercizio della sua carica se la sua commissione non sia vistata dall’eforato. Ove si trovi che sievi un impedimento costituzionale o nella persona dell’eletto o nel modo dell’elezione, l’eforato sospenderá la sua approvazione. [p. 259 modifica]

5. Siccome l’eforato è il conservatore della sovranitá del popolo, cosí una legge non avrá pubblica autoritá, se non apparirá, per mezzo di lui, di essersi osservate, nel farla, le solennitá richieste dalla costituzione. L’eforato non deve esaminare se la volontá generale sia giusta o ingiusta, ma solo se sia o no volontá generale; e, per far questo, non deve riconoscer altro se non quelle solennitá esterne, che la costituzione richiede come segni di volontá generale.

In Venezia uno almeno degli avvogadori dovea assistere al Gran Consiglio per vedere se si osservavano le solennitá richieste dalle costituzioni. Gli avvogadori erano in Venezia, come in Atene i «nomophilagi» custodi degli originali delle leggi, onde in ogni tempo non vi fosse controversia sulla loro autenticitá.

6. Potrá l’eforato sospendere qualunque rappresentante accusato e convinto di aver trasgredito le istruzioni del suo cantone. Ma una tale accusa non può esser prodotta da altri che dal cantone medesimo, e non può altrimenti esser provata che col confronto letterale delle istruzioni date al rappresentante o del voto di costui, registrato nel processo verbale dell’assemblea legislativa.

7. Potrá annullare gli atti del potere esecutivo, che fossero contrari ad un articolo costituzionale. Si chiamano «atti anticostituzionali del potere esecutivo» quelli che fossero senza indicazione di legge, o contrari alla legge istessa che si indica. La costituzione inglese offre un’idea molto chiara dell’incostituzionalitá di un atto.

Non darei veruna influenza all’eforato sul potere giudiziario, tra perché questo potere non può mai esser libero abbastanza, tra perché i mali che può produrre l’abuso di questo potere non attaccano mai la societá intera, né sí rapidi ne sono gli effetti, che la costituzione istessa non possa darvi un rimedio regolare. Uno degli abusi del tribunato in Roma era forse quello di opporsi troppo spesso ai pretori.

8. Può mettere in istato di accusa qualunque autoritá costituita, ma per soli delitti anticostituzionali. Ma, a poter esercitare queste tre ultime funzioni, richiederei nei voti almeno una pluralitá di due terzi. [p. 260 modifica]Io finisco di parlarti dell’eforato. Tu l’hai voluto. Ma oh quanto è penoso fare il legislatore, e quanto si deve temere di divenir ridicolo, allorché se ne vuol prendere il tuono!...