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260 lettere a vincenzio russo

Io finisco di parlarti dell’eforato. Tu l’hai voluto. Ma oh quanto è penoso fare il legislatore, e quanto si deve temere di divenir ridicolo, allorché se ne vuol prendere il tuono!...


FRAMMENTO VI

CENSURA


L’eforato è il custode della costituzione, e la censura lo è dei costumi. Pagano ha sostituita la censura ai tribunali correzionali, e, quando la censura potesse esser utile, io non ritrovo nell’istituzione di Pagano altro a desiderare, se non che vorrei che i censori non risiedessero nella centrale del cantone, ma bensí in ciascuna terra. Un censore, il quale non può osservare le cose da se stesso, deve dipendere da un accusatore; ma solamente il giudice può ascoltare un accusatore senza pericolo: il giudizio si occupa di fatti, la censura dei costumi; i fatti si provano, ma i costumi si sentono.

Come provare, per esempio, che un uomo viva poco democraticamente, che si comporti con soverchia alterigia, che sia prodigo, avaro, intemperante, imprudente?... Tu riaprirai di nuovo quei processi che assordavano i nostri tribunali nelle dissensioni tra i mariti e le mogli; processi, dai quali, dopo che le parti aveano rivelate le loro debolezze a chi non le sapeva ed a chi non volea saperle, altro non si conchiudeva se non che ambedue aveano moltissimo talento a scoprir le debolezze altrui e pochissima volontá di correggere le proprie.

Ma che sperare dalla censura in una nazione corrotta? Quando è perduta l’opinione pubblica, dice Rousseau, l’officio del censore cessa o diventa nocivo.

La censura potrá conservare i costumi di una nazione che ne abbia; non potrá mai darne a chi non ne ha. In una nazione corrotta tu devi incominciare dal risvegliare l’amore della virtú. Invece di darle dei censori, darei a questa nazione dei giudici ricompensatori pubblici del merito e della virtú; stabilirei delle