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frammento quinto 257

un’assemblea di persone sagge, che non s’illude e non si strascina cosí facilmente come un popolo, sempre mobile e sempre capriccioso.

L’opinione di dare all’eforato il diritto d’invigilare sul potere legislativo è nata da che la sovranitá non è piú nel popolo, ma nei rappresentanti del popolo: se il popolo non può essere usurpatore, possono ben esserlo i suoi procuratori, i quali potrebbero usurparsi quelle facoltá che il popolo non abbia loro concedute. Ma io domando allora: ove è la sovranitá? Il popolo non l’ha piú, perché l’ha trasferita ne’ suoi rappresentanti; i rappresentanti non l’hanno, perché la sovranitá è indivisibile, ed essi sono soggetti agli efori. Chi dunque sará il sovrano? O saranno gli efori, e cosí cadde la nazione spartana; o non vi sará sovrano, e cosí cadono tutte le nazioni.

Organizzate la sovranitá in un modo che sia quello che la Francia scelse nel 1795, ma che sia quello che conviene alla nazione napolitana; ed il popolo allora, sempre vegliante sui suoi interessi e non mai riunito in assemblee tumultuose, non potrá essere né spogliato dai suoi rappresentanti né sedotto dai suoi tribuni. Allora gli efori ritornerebbero alla loro primiera istituzione, piú sublime e nel tempo istesso meno pericolosa di quella che loro si vuol dare. Allora diventerebbero i custodi della sovranitá del popolo, senza poterne mai impedire o attraversare l’esercizio; allora, invece di correggere le usurpazioni, il che non va mai scompagnato da violenza, potrebbero prevenirle.

Tra tutte le varie istituzioni di eforato, quella che mi pare poter meglio convenire ad una costituzione rappresentativa, è l’istituzione degli avvogadori della repubblica di Venezia. Contarini li definisce molto bene, allorché dice che essi sono i tribuni di Venezia, ma tribuni della legge: quelli di Roma erano tribuni del popolo. Ma ad ogni modo però non vorrei imitare una tale istituzione senza cangiarne talune parti, che i veneziani istessi, in altri tempi ed in altre circostanze, avrebbero anche essi cangiate...

— Come dunque faresti? Quali sarebbero le facoltá che tu daresti agli efori tuoi? — Poiché tu vuoi saperlo, io te lo dirò.

V. Cuoco, Saggio storico. 17