Saggio di curiosità storiche intorno la vita e la società romana del primo trentennio del secolo XIX/La nuova piazza del Popolo

La nuova piazza del Popolo

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La sede vacante per la morte di Leone XII

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La nuova piazza del Popolo.


All’ansioso pellegrino, che per la prima volta entrava in Roma cento anni or sono per Porta del Popolo, non era certo riserbata una molto bella impressione: aveva sognato un ingresso meraviglioso, grande, invece gli si parava davanti nel suo aspetto misero e malinconico: si stendeva a ponente un mezzo lurido quartiere militare e dietro questo un numero grande di casupole vergognose; a levante, dalla Chiesa di S. Maria al Babuino, una lunga muraglia chiudente la vigna degli Agostiniani, arrampicata sul Pincio; in mezzo l’inornato obelisco, opera di Sisto V. con innanzi una vecchia ottangolare fontana. Al genio dell’architetto Giuseppe Valadier spetta quasi tutto l’onore della gloria imperitura della attuale piazza del Popolo; questi, già sin dai tempi di Pio VI, aveva manifestato le sue idee grandiose per la sistemazione della piazza suddetta, ma il suo progetto, per le sopravvenute vicende politiche, fu posto a dormire. Quando però nel 1810 il Governo francese, da poco inaugurato in Roma, fece manifestamente intendere che voleva [p. 67 modifica]fare grandi spese per gli abbellimenti della città, egli tornò ad esporre le sue idee. Da principio non ebbe ascolto, ma poi, colla sua ferrea costanza, vinse ed i lavori, che dovevano decorare Roma d’una splendida piazza e d’una ammirabile passeggiata, furono cominciati e proseguiti con alacrità. Alla caduta di Napoleone restarono interrotti, ma presto essi vennero ripresi e compiuti per le calde istanze che ne fece l’architetto al Consalvi. Già, prima che venisse a morte il pontefice Pio VII, la passeggiata del Pincio era terminata e la piazza mostrava il suo bel contorno con gli edifizi a bella posta disegnati, Leone XII poi, succeduto a Pio VII, ne compi l’ornamento con le fontane e con le statue, e così i due vasti semicerchi, d’oriente e d’occidente, e lo stesso obelisco vennero vagamente decorati con statue allegoriche e tutta la piazza rallegrata dallo scrosciar dell’acqua delle fontane. Nel nostro Diario, dal 1822 al 30, ricorre tutta una serie di notizie riferentisi a questi lavori; l’autore ricorda tutti i minimi fatti, tutte le inaugiirsizioni delle fontane e delle statue, che l’adornano, ma non credo opportuno seguirlo in questa via mi piace piuttosto chiudere riferendo due curiosità aneddotiche, strettamente connesse al nome di questa piazza, prima che scompaia del tutto quella generazione che ne serba un’eco lontana.

Nella notte di ciascun giovedì, era costume introdurre in Roma per porta del Popolo le cosidette capate delle vaccine per poi condurle sciolte nei macelli, che sino al 1825 erano entro la città; a poco a poco s’introdusse l’uso di andar molta gente a Piazza del Popolo a veder entrare le suddette capate e di accompagnarle poi con le carrozze ed altri legni, spavenlando e mettendo spesso in fuga per questo corteggio le povere bestie. I conduttori reclamavano fortemente, ma Roma voleva divertirsi e si divertiva. Nella notte del 6 settembre 1822 il Governo mandò colà molta forza di cavalleria e fanteria per impedire la gazzarra, ma questa non venne sradicata del tutto se non quando finalmente fu inaugurato il mattatoio pubblico, fuori di Porta del Popolo stessa, con gran dispiacere del volgo che si divertiva molto a questi spettacoli. Il Belli lamenta con la [p. 68 modifica]sua solita ironia la cessazione di questi drammi sanguinosi nel seguente sonetto che mi pregio di riportare1.

Co’ st’antre ammazzatore scazzerate
Ch’anno vorzuzo arzà fora de Porta2
Nun se disce bucia che Roma è morta
Più peggio delle bestie macellate.
Dove se gode più come una vorta
Quer gusto er venardì delle capate
Quanno tante vaccine indiavolate
Se vedeveno annà tutte a la sciorta?
Si scappava un giuvenco, o un mannarino3
Cureveno su e giù cavarcature
Pe Ripetta, per Corso er Babbuino.
Che ride era er vedè pe’ le pavure
L’omini mette mano a un portoncino
E le donne scappà co le crature.

Un altro aneddoto curiosissimo non posso staccare dal ricordo di Piazza del Popolo: stralcio dal Diario:

«14 Agosto 1829. — Giorni sono da una numerosa comitiva di belli umori nella locanda di Martignoni al Popolo fu eseguito con grande apparato una burlesca cerimonia di coronare solennemente un povero imbecille chiamato Marchetti, che ha la fissazione di credersi autore per aver composto una tragedia intitolata «Stilicone» capo d’opera di spropositi e di scempiaggini. Alla funzione vennero tre prelati, cioè Monsignor Spada, decano della Rota, Monsignor Pentini Uditore della segreteria, Monsignor Severoli. Oggi si vuol per certo che il Martignoni, come autore e promotore della cosa, sia stato condannato ad una multa di 500 scudi.»

I comenti lo sciuperebbero.


Note

  1. Ved. Maes. C. Il Cracas — Notizie e curiosità Romane —  1889 N. 30.
  2. Porta del Popolo.
  3. Bue col campanaccio, che serviva di guida.