Saggio critico sul Petrarca/Nota dell'autore
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NOTA DELL’AUTORE
Quando usci questo scritto, parve quasi temeritá quel porre a base dell’arte il vivente, e quel romper guerra all’ideale. Ma oggi ha fatto ne’ poeti e ne’ critici un cammino cosí celere il verismo, il positivismo, il realismo, che quello che allora pareva audacia può parere un luogo comune, e forse anche intempestiva. Oramai siamo a questo, che dell’ideale si parla come della metafisica, tutto roba anticata. Io condannava quegl’ideali vuoti e astratti, che non rispondevano piú alla coscienza, divenuti un mero vocabolario, un gergo di convenzione. A me piaceva di veder l’arte mettersi in una via piú conforme allo stato presente della coscienza, piú vicina alla schietta natura. Questo fu il voto, col quale chiusi la mia Storia della letteratura, dove il principio direttivo è la successiva riabilitazione della materia, un graduale avvicinarsi alla natura ed al reale. Questo inculcai pure nell’ultima mia conferenza, dove a proposito di Zola indicai come caratteri della nuov’arte la naturalitá e l’animalitá. Ma poiché questa nuov’arte prende aspetto visibile di reazione e di esagerazione, e, come tutte le ribellioni, non si contenta di metter da parte l’ideale, ma vuole addirittura ammazzarlo, io rido di questi furori, e dico che l’ideale non può morire se non coll’uomo. Penso che i piú accaniti gridacchiatori contro l’ideale non hanno di quello un concetto chiaro, e maledicono ciò che non conoscono. Credono che l’ideale sia il contrario del reale, e che ci sia incompatibilitá tra’ due e che la vita dell’uno sia la morte dell’altro. E bene dunque intenderci, perché spesso i piú torti giudizii nascono da definizioni poco esatte.
L’ideale è innanzi tutto un complesso d’idee o di principii conquistati dall’umanitá nella sua lunga storia, come la bellezza, la giustizia, la veritá, la famiglia, la patria, la gloria, l’eroismo, la virtú, materia perpetua d’ammirazione e di aspirazione. Ora queste idee non sono altro che il successivo differenziarsi dell’uomo dalla bestia e, come si direbbe oggi, la gloriosa evoluzione dell’uomo in mezzo a’ viventi. Queste idee noi le chiamiamo gl’ideali dell’umanitá, e sono come luce o faro, che l’uomo ha in vista, rappresentando, speculando, operando. Solo chi si sente bestia può ridere di quest’ideali, o non tenerne conto, o fare addirittura contro.
Questo ideale è sostanza. Ma ci è anche l’espressione ideale, ed è quel rappresentare le cose secondo la loro ripercussione nel cervello, con esso le impressioni e i sentimenti che vi sono incorporate. Certo, il grande artista obblia sé nelle cose, e piú vi si obblia e più quelle sbalzan fuori vive e vere, evidenti di una luce, che è luce propria, e che pur le viene dal cervello. La chiarezza e l’energia della loro rappresentazione testimonia la potente impressione fatta; e in questo accordo tra le cose e l’artista ò la piú alta idealitá dell’espressione. Questo è ciò che si chiama idealizzare le cose. Quelli che per tema di offendere la realtá ti danno le cose nude e crude e cosí come appariscono all’idiota, non hanno il sentimento e l’intelligenza della natura.
Ciascun vede che l’ideale, cosí nella sua sostanza come nella sua espressione, è tanto innaturato nell’uomo, che negar quello è sconfessar questo. Del resto, è la moda. Oggi, a forza di guardar nell’uomo la bestia, talora dimentichiamo l’uomo.
E ci è un altro significato dell’ideale. Ed è quello ingrandire gli oggetti di lá delle proporzioni naturali, e sotto nome d’individui rappresentare tipi ed esemplari. Questo m’è parso una mutilazione; e questo ho sempre biasimato nei miei scritti fin dalla prima giovinezza, e principalmente poi in questo scritto. Cosi venni nel concetto che la base dell’arte non è il bello o il vero o il giusto o altro tipo, ma il vivente, la vita nella sua integrila. E se mutilazione della vita è l’allegoria, il simbolo, il tipo, non è minore mutilazione quel risecare dall’individuo ogni vestigio tipico, ogni segno del gruppo, della classe, del genere a cui appartiene. Sicché anche questo ideale vuol essere rispettato. E, per finirla, tutta la quistione è di misura, e non è il caso di ammazzare né il reale, né l’ideale, che in fondo sono tutti e due il vivente, la vita.
Fatemi cose vive, e battezzatele come volete.