Saggi poetici (Kulmann)/Parte seconda/Isola del battello
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ISOLA DEL BATTELLO
I Viaggiatori
Diteci, o pastorelli,
Forse la foce è questa
Del rapido Cefiso,
Che ci vediamo innanzi?
5Nell’aurea giovinezza,
Fidandoci pur troppo
Nelle robuste braccia,
E i consigli senili
Noi codardia stimando,
10Un dì, nella stagione
Che il crudo ghiaccio scioglie,
In un battel sdruscito
Entrati, ci vantammo
Senza periglio andarne
15Fin dove ’l torbo fiume
Impetüoso sbocca
Nel non vicino lago.
Il fiume allor, pascendo
Nostra baldanza, salvi
20Lungo tratto portocci,
Ma giunti inver la foce,
Lasciando il freno all’ira,
Contro gli aguzzi scogli
Che l’onda intorno cuopre,
25Con rabbia spinge e spezza
Il debole battello:
Ed a gran stento a nuoto
Noi ci salvammo... I lidi,
Se li miriam, né sembrano
30Del rapido Cefiso;
Ma bene ci ricorda,
Che in sulla foce mai
Null’isola vedemmo.
Diteci, o pastorelli,
35Come si chiama il fiume?
Uno dei Pastori
È il rapido Cefiso
Quel che, o stranier, vedete.
E quanto ne diceste
Del corso audace vostro
40E la barca spezzata,
Più volte cel narraro
Stupiti i padri nostri.
«Quant’è maravigliosa
(Essi non rade volte
45Dicevano, mostrando
Quest isola e l’immensa
Rovina che là cuopre
De’ monti la pendice),
Quant’è maravigliosa
50L’alma madre Natura!
Mentre con mano irata
Là strugge l’alta mole,
Eretta da’ superbi
Giganti, affin che fosse
55Glorioso monumento
Della possanza loro
Ai secoli venturi;
Ella qui con benigna
Offizïosa mano,
60In mezzo rapid’onde,
Ricuopre i tristi avanzi
D’una barca spezzata
Con limo e con sabbione,
E l’isola nascente
65Riveste con erbetta
Mollissima e ridente;
Poi nel materno seno
Vi trasporta dal lido
La numerosa prole
70Del timidetto lepre
E del vago coniglio.
Fa colla testa cenno
Agli augellini d’ambo
Le rive; ed ecco, al cenno
75Ossequïosa, viene
Armoniosa torma
Ad abitare il lieto
Fogliame de’ virgulti
Spontaneamente nati;
80Ecco, s’innalza ombrosa
La giovinetta selva,
Ed offre spazio ai giuochi
Del gajo scurriglione,
E piena sicurezza
85All’inseguito cervo.»
Ecco ciò che più volte
Ci raccontaro i padri.
Ma noi ci rammentiamo,
Ch’un dì, ne la stagione
90Dell’acque le più basse,
Mentre ’l bifolco all’ombra
Di quell’ombrosa quercia
Abbandonossi al sonno,
Tutto l’armento suo
95Passò nell’isoletta,
Che da quel tempo istesso
Divenne delle mandre
Il pascolo comune
Ne’ lunghi giorni estivi;
100E, rammentando sempre
La sua maravigliosa
Origine, sinora
Da tutti vien chiamata
L’isola del Battello.