Rinaldo/Canto decimo
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RINALDO
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Grifon giá per amor avea servito gran tempo innanzi d’Olivier la suora; ma ’l foco suo negletto ed ischernito fu da l’altèra giovinetta ognora; onde per lunga prova alfin chiarito ch’accòr tentava in rete il vento e l’óra, stolto! a servir Clarice egli avea preso, né potea ciò Rinaldo avere inteso.
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Onde rispose:— Vii timor non deve giammai la lingua altrui torcer dal vero, né periglio o fatica, ancor che greve, si convien d’ischivare a cavaliero: dico dunque ch’oltraggio il ver riceve da te non poco, e ciò mostrarti spero: bella è la dama tua, ma molto cede a chi fe’ del mio còr soavi prede. —
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A l’arme, a i fatti orrendi alfin si venne da le minacce e da l’altère voci; di qua, di lá, le due massiccie antenne vengon portate da le man feroci: par ch’abbiano i cavalli al fianco penne, cosí a rincontro van ratti e veloci; l’aria si rompe, e trema ancor la terra al primo cominciar de l’aspra guerra.
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Pose il suo colpo a vóto il maganzese incauto troppo, e corse l’asta in fallo, ma lui Rinaldo a mezzo scudo prese e lo sospinse fuor del suo cavallo; sendo percosso e ’l suol premendo, rese alto rimbombo il lucido metallo, come suol squilla che sonando invita a l’orrenda battaglia ogni alma ardita. CANTO DECIMO
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Rinaldo allor dal degno stuol è cinto, e supplicato a tórsi via l’elmetto; tal che da’ preghi lor forzato e vinto di compiacerli è mal suo grado astretto: si scioglie al fin que’ lacci ond’era avvinto l’elmo, e scopre la chioma e ’l vago aspetto; né men bello e leggiadro or si dimostra, che apparso sia possente e forte in giostra.
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Tosto fu conosciuto il cavaliero al discoprir del vólto e del crin d’oro; e chiare voci di letizia diéro •
con replicato suon l’amico coro, ché giá del suo valore il grido altèro era giunto a l’orecchie a tutti loro.
La gloria sovra lui si spazia intanto, battendo l’ali d’ór con dolce canto.
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Ad onorar Rinaldo ognun s’accinge, e di farsegli grato ognun procaccia; altri la man gli tocca, altri gli cinge il collo e il petto con amiche braccia; altri, cui caldo amor piú innanzi spinge, pien d’un dolce disio lo bacia in faccia; ma il padre Amone al petto alquanto il tiene, e sente alto diletto ir fra le vene.
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Lasciato il padre, il cavaliere invitto de’ suoi regi a baciar sen va la mano; quei, mostrando l’amor nel volto scritto, l’accolgon lieti e con sembiante umano.
Fan le donne tra lor dolce conflitto in onorare il vincitor soprano; e in quanto è lor da l’onestá concesso, gli mostra ognuna il suo voler espresso.