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RINALDO
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Grifon giá per amor avea servito gran tempo innanzi d’Olivier la suora; ma ’l foco suo negletto ed ischernito fu da l’altèra giovinetta ognora; onde per lunga prova alfin chiarito ch’accòr tentava in rete il vento e l’óra, stolto! a servir Clarice egli avea preso, né potea ciò Rinaldo avere inteso.
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Onde rispose:— Vii timor non deve giammai la lingua altrui torcer dal vero, né periglio o fatica, ancor che greve, si convien d’ischivare a cavaliero: dico dunque ch’oltraggio il ver riceve da te non poco, e ciò mostrarti spero: bella è la dama tua, ma molto cede a chi fe’ del mio còr soavi prede. —
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A l’arme, a i fatti orrendi alfin si venne da le minacce e da l’altère voci; di qua, di lá, le due massiccie antenne vengon portate da le man feroci: par ch’abbiano i cavalli al fianco penne, cosí a rincontro van ratti e veloci; l’aria si rompe, e trema ancor la terra al primo cominciar de l’aspra guerra.
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Pose il suo colpo a vóto il maganzese incauto troppo, e corse l’asta in fallo, ma lui Rinaldo a mezzo scudo prese e lo sospinse fuor del suo cavallo; sendo percosso e ’l suol premendo, rese alto rimbombo il lucido metallo, come suol squilla che sonando invita a l’orrenda battaglia ogni alma ardita.