Rime varie (Alfieri, 1912)/IV. Si pente di essere stato scortese con la sua donna

IV. Si pente di essere stato scortese con la sua donna

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IV. Si pente di essere stato scortese con la sua donna
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IV [xxxiii].1

Si pente di essere stato scortese con la sua donna.

Che feci? oimé! da que’ begli occhi un fiume
Uscía di pianto, e la cagione io n’era?
Io, duro cor, nato d’alpestre fiera,
Offesi, ahi lasso! un sí gentil costume?24
Io, cieco d’ira, al mio sovrano Nume
Scortese usai villana aspra3 maniera?
Pietà non merto; è ben dover ch’io pera,
O che in perpetuo pianto mi consume.8
Ogni tua lagrimetta un mar di pianto
Mi costi, è giusto; e in van si sparga, e in vano4
Mercé si chiegga, e si sospiri al vento:11
Né da pietà sia mai tuo sdegno infranto,
Se, ad espïar l’empio trasporto insano,
Io non ti caggio5 ai pié di doglia spento.14


Note

  1. Questo sonetto, un po’ melodrammatico e fra’ meno sinceri del nostro Poeta, fu composto a Firenze, il 26 marzo del 1777.
  2. 4. Un sí gentil costume, una donna, abitualmente sí gentile?
  3. 6. Scortese, villana, aspra: troppi aggettivi per significare, in fondo, lo stesso concetto!
  4. 9-10. Il Tasso, di Tancredi, che gode di aver ferito Clorinda, senza saper chi ella fosse (Ger. lib., XII, 59);
    Gli occhi tuoi pagheran (se in vita resti)
    Di quel sangue ogni stilla un mar di pianto.
  5. 14. Non ti caggio, non ti cado; di simili forme arcaiche è uso ed abuso nel canzoniere alfieriano.