Rime varie (Alfieri, 1903)/LVIII. L'America libera/Ode prima

L'America libera - Ode prima

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LVIII. L'America libera LVIII. L'America libera - Ode seconda

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ODE PRIMA.

Accenna le cagioni della guerra.

I.


Qual odo io suono di guerriera tromba
Dell’oceàno immenso
Di là dalle non pria navigate onde?1
Qual di fischianti strali nuvol denso?
Qual eneo tuon rimbomba?
Cagion non v’ha ch’or tanto sangue inonde
Quelle innocenti sponde,
Ove di leggi sacrosante all’ombra
Gente crescea secura ancor che ricca,
Cui felice aura spicca
Dal mal che nostra Europa tutta ingombra.
Chi la pace ne sgombra?
Qual rio furor, qual crudo
Empio pensier turba unïon sì bella?
Ira di Re d’ogni bell’arte ignudo,
Ministri infidi, e cupidigia fella.

II.


O Dea verace, che le spiagge amene
Che il mar d’Ausonia bagna
Festi già sovra ogni altre un dì beate:
Tu, cui più mai non vide, e in van sen lagna,

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L’Italia, che in catene
Abborrite e sofferte indi mertate
Tragge sua lunga etate:
Tu, che (colpa di noi) tanti anni e tanti
Del globo fuor, forse in miglior pianeta,
Stanza avevi più lieta;
Quindi fra il sangue e le discordie e i pianti
Di plebe oppressa, e i canti
Degli oppressori, e gli aspri
Tra’ re pel regno tradimenti infami,
In Albïon scendevi: or fa’ ch’io innaspri
Sì il dir, che vero e libero si chiami.

III.


Angli, a voi nulla il vostro onor più cale?
Voi che a sì lunga prova
Già intendeste che fosse libertade,
Di voglie ingiuste ed assolute a prova
Schiavi or vi fate? E quale
Tuonar tra voi potría più in securtade,
Di più timor s’invade;
E di regio oro e d’onor vili il veggio
Pingue più ch’altri, e più assetato e carco,
E di virtù più scarco. —
Ma donde mai, donde virtude io chieggio?
Tra’ grandi ebbe mai seggio? —
Voi di men nobil schiera,
Scelti orator da liberi suffragi,
Deh! fate almen che libertà non pèra:
Per voi sien chiare or le regali ambagi.

IV.


Ma e con chi parlo? Aura di corte in voi
Già ad ammorbarvi scese:
Già d’esser primi degli stolti agli occhi,
Ultimi ai vostri, alto desìo vi prese,
Nè vi lasciò ma’ poi.
Nè fia che a voi verace laude or tocchi,
Perchè alcun forse scocchi
Liberi detti nel consesso augusto:
Son esca i detti al comprator, che in cerca
Va di qual men si merca.

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Ma ai tanti rei se non si oppone un giusto,
Sperar dunque robusto
Schietto da voi consiglio
È uno sperar da morta arbore frutto. —
Tu solo omai, di libertade figlio,
Popol nocchier, tu resti: e in te sta il tutto.

V.


Che dico? ahi lasso! e tu neppur rimani;
Che tu, dai guasti guasto,
Venduto hai te co’ liberi tuoi voti;
E in crapole bagordi ebbrezze pasto,2
Qual più allarga le mani
A satollarti, per tuo eletto il noti. —
O preda di despòti,
Gente in tuo cor serva omai tutta, or sei
Quella, che tôrre iniqua altrui vorresti
Libertà che ti svesti?
Pieni per te di dolorosi omèi
Traggon lor giorni rei
Gli American tuoi figli?...
Tuoi, quand’ebberti madre: or sei madrigna.
Che lacci e morte ed onta e rei perigli
Già il sest’anno minacci a lor maligna.

VI.


Verso là dove in mar le ardenti ruote
Nell’ultimo occidente
Febo stanco di noi rapido spinge,
Le tiranniche prore arditamente
Squarcian l’onde a lor note:
Teti di bianca spuma si dipinge;
Ed a gemer l’astringe
Della mobil foresta immane il pondo.
Non Serse là sì grave oltraggio, o Dea,
De’ ponti suoi ti fea,
Quand’ei menava a strugger Grecia il mondo.
Nè il fato più secondo

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Ch’egli ebbe, or s’abbian questi
Del barbarico Re più rei di tanto,
Che lor non muove gloria; e a dar son presti
Per oro pace, e pel guadagno il vanto.

VII.


Va’ dunque, approda, o sconsigliato stuolo
Di mercatori armati.
Vediam se il lucro in tua ragion si ascrive,
Se i mal compri Tedeschi tuoi soldati
Valor ti danno a nolo:
Vediam, vostre armi d’ogni vita prive
Contro le altrui ben vive,
Quanto, ancor che in più copia, possan oggi.
Ecco afferrato il porto: e già discende
Marte con l’armi orrende;
E scorre i campi, e i fiumi varca e i poggi;
E d’ogni ostel fa alloggi.
Ma che perciò? vegg’io
Tremar quei prodi o sbigottir? Dolenti
Li veggio ben, ma impavidi: lor Dio
È libertà: non fieno in lei vincenti?

VIII.


Ogni bifolco in pro’ guerrier converso
Per la gran causa io miro;
E la rustica marra e il vomer farsi
Lucido brando, che rotante in giro
Negli oppressor fia immerso.
Già del più debil sesso io veggio armarsi
E a vicenda esortarsi
Nuove d’Euròta abitatrici ardite;
Altre ai figli, ai mariti incender l’alme;
Altre portar le salme:
Vedove, no, non veggio a brun vestite;
Che le ben spese vite
Non piangon elle. Or fia
Che virtù tanta a ignavia tal soggiaccia?
No: che dall’Euro spinta ivi s’avvia
Nube di guerra che i fellon minaccia.



Note

  1. Varianti: Di là dalle già un dì proibit’onde?
  2. Varianti: E, più assetato dopo l’ebro pasto.