Rime di Argia Sbolenfi/Libro secondo/Alle madri
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ALLE MADRI
Dedicato |
Madri, lo ricordate il dì sereno
In cui d’amore il pegno
La prima volta nel fecondo seno
4Vi diè di vita un segno?
Con che orgoglio gentil del grembo incinto
Allor vi compiaceste!
Come la culla col materno istinto
8Morbida gli faceste?
E poi che al suo vagir tacque il dolore
Del fianco insanguinato,
Con che speranze, o madri, e con che cuore
12Benediceste il nato,
E nutrito di voi lo riscaldaste
Stringendolo sul petto,
E se morte il ghermia, glielo strappaste
16Col prepotente affetto!
Lo cresceste così, biondo fanciullo,
Sovra i fidi ginocchi,
Vegliando il primo passo e il suo trastullo
20Con l’anima negli occhi.
E speraste veder l’ore supreme
In braccio a lui più liete...
Quanto amor, quanti baci e quanta speme,
24O madri che piangete!
Ed ora? I vostri figli a mille a mille
Cadder lungi da voi
Perchè un ladro impazzito e un imbecille
28Si son creduti eroi.
E vi tentano ancor, gli scellerati,
Con le astute parole,
Ma i cadaveri nudi e mutilati
32Si putrefanno al sole.
Ma già dai loro immondi antri, le iene
Calando irsute e scarne,
Leccano il sangue de le vostre vene,
36Straccian la vostra carne!
E il delitto cadrà nel grave oblio
In che ormai tutto langue?
No, levatevi voi, donne, perdio,
40Raccogliete quel sangue,
Gettatelo ululanti e scapigliate
Dei colpevoli in faccia;
Quando il giorno verrà, non dubitate,
44Ne troverem la traccia;
E dite agli altri, o neghittosi o incerti:
«Pietà di noi vi prenda!
La nostra patria è qui, non nei deserti
48Dell’Abissinia orrenda.
Pietà, chiediam pietà, madri dolenti,
Figlie, sorelle, spose;
Pietà, per gl’insepolti e pei morenti
52Su l’Ambe sanguinose!
Non tolga vite ai campi, a le officine
La conquista rapace.
La nostra patria è qui. Datele alfine
56La giustizia e la pace!»
Dite così. Ma se domani ancora
Tripudieranno i ladri
E moriranno gl’innocenti, allora,
60O dolorose madri,
Non porgete più latte al mite Abele
Che s’acconcia al destino,
Ma raccogliete ne le poppe il fiele
64Per allevar Caino.