1. Vere fûr queste gioie e questi ardori

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1. Vere fûr queste gioie e questi ardori
Rime d'amore 2 nota
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1.

[C-Ts3. — 9-11-12-13-15-20-24
29-33-67-85-87-141-166-169-181-182-224-260-268. —
Fatto spirituale dal Selva.[C - 85]

Questo primo sonetto è quasi proposizione de l’opera: nel quale il poeta dice di meritar lode d’essersi pentito tosto del suo vaneggiare, ed esorta gli amanti col suo esempio che ritolgano ad Amore la signoria di se medesimi.


Vere fûr queste gioie e questi ardori1
     Ond’io piansi e cantai con vario carme,2
     Che poteva agguagliar il suon de l’arme3
     4E de gli eroi le glorie e i casti amori:

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E se non fu de’ piú ostinati cori4
     Ne’ vani affetti il mio, di ciò lagnarme
     Già non devrei, ché piú laudato parme
     8Il ripentirsi, ove onestà s’onori.5
Or con l’esempio mio gli accorti amanti,6
     Leggendo i miei diletti e ’l van desire,
     11Ritolgano ad Amor de l’alme il freno.
Pur ch’altri asciughi tosto i caldi pianti
     Ed a ragion talvolta il cor s’adire,
     14Dolce è portar voglia amorosa in seno.

Varianti

[p. 3 modifica]9 manca l’arg. — 11 Quasi proposizione de l’opera.        2. 9-11 vari carmi.        3. 9-11 Che potean sostenere il suon de l’armi.        4. Ts3 corregge la gloria. [p. 4 modifica]       5. C-9-11 piú costanti cori.        6. 9-11 di che lagnarmi.        7. C Già non [deggio io] devrei che piú lodevol parmi. — 9-11 Meco non ho che più lodevol parmi.        8. C Il pentimento. - 9-11 Vaneggiar breve, ove il pentir s’onori.        9. 85 Or con gli esempi miei nel testo, ma nel commento è al singolare come in C-9-11. — C Or con l’esempio mio gli [amanti] accorti amanti.        10. C [e i miei desiri] e’l mio languire. — 9-11 e i miei martiri.        12-14. C-9-11

Dolce è nudrir voglie amorose in seno
     Pur ch’asciughi consiglio i brevi pianti
  E che a ragion talvolta il cor s’adiri;

ma le rime sono trasposte.


Composto quasi certamente nel 1581, quando, dopo la prima edizione delle rime (n.º 8), l’Aldo ottenne di farne una raccolta maggiore, alla quale il sonetto fu preposto (n.º 9). Cfr. la mia Vita di Torquato Tasso, Torino, Loescher, 1895, vol. I, p. 345 e p. 347.

Note

  1. Esposizione de l’autore. 1. Vere fûr queste gioie. Cioè questi piaceri o questi diletti: e veri sono quelli, come scrisse Platone nel Filebo, de’ quali si nutriscono i buoni: perciocché gli uomini malvagi si rallegrano de’ falsi piaceri ch’imitano i veri ma in un modo degno di riso. Si dee ciò nondimeno intender del nutrimento de l’animo e de l’intelletto, che è quella ambrosia de la quale favoleggiano gli antichi poeti.

    e questi ardori. Questi amori; imperocché l’amore è chiamato fuoco e flamma. E dice il poeta che gli amori suoi sono stati veri, per dimostrare che il vero amore o i veri amori sono il vero soggetto del poeta lirico, come scrive il Petrarca ne le sue epistole latine. Tuttavolta intorno ad esso favoleggia non altrimenti che faccia l’epico, come fa il medesimo autore in molti suoi componimenti, e particolarmente ne la canzone de le trasformazioni e in quella Standomi un giorno solo a la finestra e in quell’altra Tacer non posso e temo non adopre; né meno che in alcuna altra ne la la canzone ov’egli fa citare Amore avanti la Ragione. Ma il soggetto amoroso in tutto falso è proprio del comico poeta; laonde molto s’ingannavano coloro che portavano opinione che ’l poeta veramente non fosse acceso di Laura.
  2. 2. Il cantare e il piangere sono effetti d’amore convenevolissimi al poota lirico il quale li accoppia insieme, come il Petrarca dicendo Del vario stile in ch’io piango e ragiono; e ’l Bembo Piansi e cantai lo strazio e l’aspra guerra; o li divide come ¡l Petrarca I piansi, or canto: e Cantai or piango.
  3. 3. Ha riguardo a quel detto di Quintiliano, nel giudicio ch’egli fa di Stesicoro: Stericorum, quam sit ingenio validus, materiae quoque ostendunt, maxima bella et clarissimos canentem duces et epici carminis onera lira sustinentem. E conforme a questa è l’opinione di Dante ne la Volgare Eloquenza, che l’arme siano soggetto ancora de la canzone.
  4. 5. Ne l’amor concupiscibile non vi può essere costanza ma ostinazione; ma l’amore il quale è abito nobilissimo de la volontà, come dice San Tommaso ne l’Operette, è costante nel bene che si propone per oggetto.
  5. 8. ove onestà s’onori. Ne le corti de gli ottimi príncipi.
  6. 9. Dimostra il fine che si dee proponere il poeta ne lo scrivere e nel pubblicar le sue poesie.