Rime (Vittoria Colonna)/Sonetto CXVII

Sonetto CXVII

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Sonetto CXVI Sonetto CXVIII


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SONETTO CXVI


Quel Sol, che su dal Ciel l’ alma innamora,
   Tosto per l’ onorata angusta strada
   Corse, per far del mondo ogni contrada
   Ricca della sua gloria in sì breve ora.
Non era in mezzo l’ emisperio ancora
   Il suo bel giorno, e dell’ invitta spada
   Ermo tremava e Nilo: abi come aggrada
   A morte, ch anzi tempo ogni ben mora!
Occaso non gli diè, che sempre in Orto
   Vivra la luce sua, per cui rinasce
   Virtude al cor, se dal martir è spenta.
Giunse ei qui dell’ onor al vero porto,
   Or gode il Ciel in Dio l’ alma contenta,
   E la mia quì del suo valor si pasce.


SONETTO CXVII


Donna secura, accesa, e dall’ errante
   Volgo lontana in solitario albergo,
   Lieta mi par veder lasciando a tergo
   Quanto non piace al primo eterno amante.
E fermar col desio le sacre piante
   Sovra un gran monte, ond’ io mi specchio e tergo
   Nel bell’ esempio, e ’l pensier drizzo ed ergo
   Dietro l’ orme beate, e l’ opre sante.
L’ alpestre rupe sua, quest’ aspro scoglio
   M’ appresenta talor, ma lungi il Sole,
   Che vicin l’ infiammava, il cor mi scalda.
Pur fermo in lei la speme, come soglio,
   Che de’ bei crin nella dorata falda
   Copra le colpe mie, quand’ ella vuole.