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SONETTO CXVI


Q
uel Sol, che su dal Ciel l’alma innamora,

     Tosto per l’onorata angusta strada
     Corse, per far del mondo ogni contrada
     Ricca della sua gloria in sì breve ora. 4
Non era in mezzo l’emisperio ancora
     Il suo bel giorno, e dell’invitta spada
     Ermo tremava e Nilo: abi come aggrada
     A morte, ch’anzi tempo ogni ben mora! 8
Occaso non gli diè, che sempre in Orto
     Vivra la luce sua, per cui rinasce
     Virtude al cor, se dal martir è spenta. 11
Giunse ei qui dell’onor al vero porto,
     Or gode il Ciel in Dio l’alma contenta,
     E la mia quì del suo valor si pasce. 14

——

SONETTO CXVII


D
onna secura, accesa, e dall’errante

     Volgo lontana in solitario albergo,
     Lieta mi par veder lasciando a tergo
     Quanto non piace al primo eterno amante. 4
E fermar col desio le sacre piante
     Sovra un gran monte, ond’io mi specchio e tergo
     Nel bell’esempio, e ’l pensier drizzo ed ergo
     Dietro l’orme beate, e l’opre sante. 8
L’alpestre rupe sua, quest’aspro scoglio
     M’appresenta talor, ma lungi il Sole,
     Che vicin l’infiammava, il cor mi scalda. 11
Pur fermo in lei la speme, come soglio,
     Che de’ bei crin nella dorata falda
     Copra le colpe mie, quand’ella vuole. 14