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Per l’Illustre Oratore Signor Abate Parise, che avea predicato in Venezia.
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Per l’Illustre Oratore Signor Abate Parise, che avea predicato in Venezia.



Al Signor Marchese Giovanni Pindemonte celeberrimo Poeta.


Deh china, o Pindemonte, il guardo estatico,
     E deponi le tibie lamentevoli,
     Per cui sul regal margine Adriatico
     Piangemmo a le Latine Orgie colpevoli1.
     Or chieggo solamente un inno enfatico
     Di quei, che tempri su le corde agevoli,
     Quando gli estri improvvisi ti commovono,
     E da la calda lingua i versi piovono.

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Chi negar puote le ginestre e l’ellere
     Al chiaro Vicentino, a l’Uom benefico
     Che a meno esperte man lasciando svellere
     Qualche fogliuzza di nappel venefico,
     Col braccio del valor tentò di espellere,
     Da l’infido terren l’Angue malefico 2
     L’Angue, che respirava atra caligine,
     Onde appannare il Ver, che in cielo ha origine.

* * *


Uscito da un burrone malinconico,
     Ove il gufo d’Averno udiasi stridere,
     Pascevasi di fiele Babbilonico,
     E di fiele godeva ogni erba intridere.
     O Vinegia, o splendor del suolo Ausonico
     Chi fia che il maladello osi conquidere
     Qual arco illustre con un dardo semplice
     La dura ferirà scorza settemplice?

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Ecco il forte Parise. Ei sol determina
     L’empio affrontar, benchè minacci e sibile:
     Divin coraggio nel suo petto germina,
     E vantan l’armi sue tempra invincibile.
     Già già le afferra, e in un baleno estermina
     Il nemico del cielo Angue terribile.
     Corron le genti a l’orrido spettacolo,
     E portano le squame al Tabernacolo.

* * *


Questo è ben altro che d’insulsi e frivoli
     Concetti il vago Sermoncin dipingere.
     Questo è ben altro che ne’ Toschi rivoli
     La lezïosa paroletta intingere.
     Questi son pregi, che a lui solo ascrivoli,
     E che di laude eterna il debbon cingere:
     Questi sono aurei fasti, opre magnanime
     Riserbate soltanto a le grand’anime.

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Dunque perchè si tarda? Ecco già spirano
     L’aure propizie da i Tebani mantici,
     E a te d’intorno, o Pindemonte, girano
     Su l’ali desiose i nuovi cantici.
     Deh! se gli egregi fatti ancor si ammirano,
     Deh! porta il buon Parise a i lidi Atlantici;
     E scrivi le sue glorie in cento pagine,
     Che salve andran da la Letea voragine.

Note

  1. La sua famosa Tragedia, che ha per titolo i Baccanali.
  2. Vuolsi alludere a certe rinomate Prediche del famoso Oratore, nelle quali valorosamente egli combattè la miscredenza.