Rime (Veronica Franco)/Terze rime/XVII

Della signora Veronica Franca

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Della signora Veronica Franca
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XVII

Della signora Veronica Franca

Sfogo di gelosia contro un suo amante, che ha lodato un’altra donna; ma, poiché ancor gli vuol bene, lo invita a venir presto da lei e gli perdona.

     Questa la tua Veronica ti scrive,
signor ingrato e disleale amante,
di cui sempre in sospetto ella ne vive.
     4A te, perfido, noto è bene in quante
maniere del mio amor ti feci certo,
da me non mai espresse altrui davante.
     7Non niego giá che ’n te non sia gran merto
di senno, di valor, di gentilezza,
e d’arti ingenue, onde sei tanto esperto;
     10ma la mia grazia ancor, la mia bellezza,
quello che ’n se medesma ella si sia,
da molti spirti nobili s’apprezza.
     13Forse ch’è buona in ciò la sorte mia;
e forse ch’io non son priva di quello,
ch’ad arder l’alme volontarie invia:
     16almen non ho d’ogni pietá rubello
il rigido pensieri né, qual tu, il core
in ogni parte insidioso e fello.
     19E pur contra ragion ti porto amore:
quel che tu meco far devresti al dritto,
teco ’l fo a torto, e so ch’è a farlo errore.
     22Tu non m’avresti in tanti giorni scritto,
che star t’avvenne di parlarmi privo,
mostrando esser di ciò mesto ed afflitto,
     25com’io cortesemente ora ti scrivo;
e, se ben certo m’offendesti troppo,
teco legata in dolce nodo vivo,

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     28il qual mentre sciór tento, e piú l’ingroppo,
e, sí come d’Amor diposto fue,
non trovo in via d’amarti alcun intoppo.
     31Ma pur furono ingrate l’opre tue,
poi che pensar ad altra donna osasti,
e limar versi de le lodi sue:
     34farlo celatamente ti pensasti,
ma io ti sopragiunsi a l’improviso,
quando manco di me tu dubitasti.
     37Ben ti vidi perciò turbar nel viso,
e per la forza de la conscienza
ne rimanesti timido e conquiso,
     40sí che gli occhi d’alzar in mia presenza
non ti bastò l’errante animo allora.
Ahi teco estrema fu mia pazienza!
     43Chiudesti ’l libro tu senza dimora,
ed io gli occhi devea con mie man trarti:
misera chi di tale s’innamora!
     46Io non ho perdonato per amarti
ad alcuna fatica, ad alcun danno,
sperando intieramente d’acquistarti:
     49e tu, falso, adoprando occulto inganno
per cogliermi al tuo laccio, or che mi tieni,
mi dai, d’amor in ricompensa, affanno.
     52Ben son di vezzi e di lusinghe pieni
i tuoi detti eloquenti, e con pia vista
sempre a strazio maggior, empio, mi meni.
     55D’odio e d’amor gran passion or mista
m’ingombra l’alma, e ’l torbido pensiero
agitando contamina e contrista:
     58e ’n te dal ciel quella vendetta spero,
ch’io non vorrei; ed infelicemente
d’alto sdegno e d’amor languisco e péro.
     61Contra gli errar si deve esser clemente,
che dimostrati a quel che gli commise,
si coni’è ragionevole, si pente.

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     64Quel libro d’altrui lodi in sen si mise
questo importuno, acciò ch’io noi vedessi:
ahi contrarie in amor voglie divise!
     67D’ira tutta infiammata allor non cessi,
fin che di sen per forza non glien tolsi,
e quel, che v’era scritto entro, non lessi.
     70Quanto ’l caso chiedea, teco mi dolsi,
amante ingrato; e ’l libro stretto in mano,
altrove il piè da te fuggendo volsi,
     73bench’ir non ti potei tanto lontano,
ch’ai lato non mi fosti, e non facesti
tue scuse, e ’l libro mi chiedesti invano.
     76Dimandereiti or ben quel che vedesti,
da farti pur alzar gli occhi a colei;
ma tu senz’esser chiesto mel dicesti:
     79piena dentro e di fuor di vizi rei,
forse perch’io di tal non sospettassi,
la ponesti davanti agli occhi miei:
     82agli occhi miei, che ’n tutto schivi e cassi
d’ogni altro lume, tengon te per sole,
benché spesso in gran tenebre gli lassi.
     85Dubito se fur vere le parole
che dicesti; né so di che, ma temo,
e dentro sospettando il cor si dole.
     88Di gelosia non ho ’l pensier mai scemo,
tal ch’avampando in freddo verno al ghiaccio,
nel mezzo de le fiamme aggelo e tremo;
     91e, quanto piú di liberar procaccio
l’alma dal duolo, in maggior duol la invoglio,
e ’l mio mal dentro ’l grido e teco ’l taccio.
     94Pur romper il silenzio or teco voglio;
e, perché t’amo e perch’altri il comanda,
teco fo quel, che con altrui non soglio:
     97la buonasera in nome suo ti manda
per me ’l buono e cortese Lomellini,
e ti saluta e ti si raccomanda.

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     100Tu hai, non so perché, buoni vicini,
che ti lodano e impètranoti il bene,
se ben per torta strada tu camini.
     103A questi d’obedir a me conviene,
e, in quel ch’imposto m’han significarti,
questi versi di scriverti m’avviene.
     106Di costor gran cagion hai di lodarti,
bench’io convengo ancor per viva forza,
crudel, protervo e sempre ingrato, amarti.
     109Contra mia voglia scriverti mi sforza
Amor, che tutto il conceputo sdegno
cangia in dolce desio, non pur l’ammorza:
     112spinta da lui, mandarti ora convegno
queste mie carte, accioché tu le legga;
anzi sempre con l’alma a te ne vegno.
     115Ma, perché in corpo ancor ti parli e vegga,
ch’a bocca la risposta tu mi porte
forz’è che con instanzia ti richiegga,
     118e che tu venghi in spazio d’ore corte.